Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!
Nuova Discussione
Rispondi
 
Stampa | Notifica email    
Autore

PdV Quinta partita

Ultimo Aggiornamento: 29/03/2016 14:16
21/12/2014 23:34
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 168
Registrato il: 12/03/2012
Età: 36
Sesso: Femminile
Lord Alfiere
Rhaella - II

La Regina aveva tanto insistito per poter indire una sua Competizione non perchè ci tenesse particolarmente ad essere al centro dell'attenzione ma perchè l'idea di vedere come si sarebbero comportati Ser e Lord di fronte ad una situazione inusuale che non comportasse l'uso della forza la sollazzava non poco. Era certa che avrebbero partecipato in molti e così fu, ebbene le cose non andarono esattamente come aveva sperato. Il primo a farsi avanti fu Lord Ormund Yronwood, la cui frase indispettì non poco Rhaella. Perchè continuavano a credere che fosse così fragile e delicata? Di certo non era mai stata debole e bisognosa di protezione, non capiva perchè tutti credessero il contrario.
Il secondo a parlare fu il giovane Ned Stark. Aveva sempre creduto che su al Nord fossero un poco freddini e poco passionali, uomini tutti d'un pezzo, ma questo giovane lupo le provava il contrario e già di per se questo la lasciò interdetta. Solo che... le stava parlando come se fosse una fanciulla qualsiasi, non le stava mostrando il minimo rispetto, senza contare l'eccessiva smielatezza. La Competizione non era iniziata nel miglioredei modi, non avevano capito che non richiedeva uno sfoggio di galanteria, che delusione!
Fu poi la volta di Hoster Tully che di certo non mise il minimo impegno nella gara, ma almeno non disse nulla di inopportuno. Il Principe Lewin Martell fu il primo dorniano ad entrare in gara ma anche lui fece storcere il naso alla Regina che pensò sarebbe presto stata colta dalla nausea se avesse sentito pronunciare ancora una volta la parola "delicato" o "indifeso.
A tirarle su il morale ci pensò suo figlio Rhaegar che indirizzò parole sprezzanti verso coloro che avevano gareggiato prima di lui strappandole un sorriso. Le dedicò poi una poesia che riempì d'orgoglio il suo cuore e le fece capire che a breve molte nobili fanciulle si sarebbero contese le attenzioni di suo figlio.
Curioso il giovane Guardiano della Notte che prese parola dopo di lui, ser Byam Flint, un ragazzo nella media la cui partecipazione fece infuriare Aerys che lo fece arrestare. Pazienza, lo avrebbe usato nella seconda parte della Competizione, a  volte la follia di suo marito poteva tornare utile.
Il prossimo a prendere parola fu Balon Greyjoy, la Regina aveva sempre trovato gli uomini di mare interessanti e fortunati. Viaggiare liberi in mezzo al mare alla ricerca di nuove avventure con il vento tra i capelli ed un infinito orizzonte negli occhi doveva essere meraviglioso. Per questo motivo se mai fosse giunto il momento in cui qualcuno avesse rovesciato il trono avrebbe sicuramente voluto essere rapita da qualche fascinoso pirate che la portasseper mare piuttosto che marcirein qualche cella. Inoltre alla Regina piaceva il modo di esprimersi di quel Lord, certo nemmeno lui aveva capito che cosa voleva davvero, ma era sicuramente piacevole da ascoltare.
Due curiosi figuri presero parola attirando la sua attenzione, non sapeva chi fossere ma la fecero sorridere con i loro modi sbruffoni e poco reverenziali.
Lord Arryn fu il successivo a parlare. Un tempo doveca essere stato attraente ma ora i egni del tempo iniziavano a farsi entire. Nel sentirlo parlare la donna store la bocca. "Eccone un altro che crede di sapere che cosa voglio", pensò Rhaella, "un'altro che crede di essere originale eppure non ha capito nulla". La Regina sospirò, aveva ormai perso ogni speranza di ricavare qualcosa di buona da quella Competizione ed iniziava ad essere annoiata. Ma fu proprio allora, quando iniziò a perdere le speranze che iniziò a parlare qualcuno in grado di risvegliare il suo interesse.
Era un uomo sulla cinquantina ma che era ancora dotato di una prestanza fisica invidiabile. Era Lord Yohn Royce il Bronzeo, come era soprannominato pervia della sua armatura caratteristica. Rhaella fu catturata dalle sue parole e man mano che l'uomo proseguiva con il suo discorso le si dilatarono le pupille e rimase a bocca aperta. Come poteva, quell'uomo della Valle conoscere il suo desiderio nascosto? Avrebbe voluto alzarsi in piedi e dirgli "Sì! Sì, voglio danzare con voi!". L'idea stessa di brandire una spada le faceva correre un brivido di eccitazione lungo la schiena. Imparare a combattere, guidata in ogni movimento da mani esperte, grazie ad un uomo capace, colpo dopo colpo, di farle raggiungere l'agognato piacere di una pericolosa ma armoniosa Danza.
Naturalmente quell'offerta indispettì il Re, il quale apparve visibilmente contrariato. Tuttavia in cuor suo Rhaella sapeva che questa volta non avrebbe rinunciato a ciò che desiderava: troppe volte Aerys era stato causa della sua infelicità, non avrebbe lasciato che rovinasse tutto anche questa volta. Sovrappensiero sorrise, pensando che il fascino del proibito avrebbe aggiunto più gusto all'intera faccenda.
L'ultimo partecipante alla competizione fu un altro Dorniano, il Principe Oberyn Martell. La sua fama lo precedeva e la Reginaprovava un'istintiva simpatia per lui. Parlò in modo sintetico e diretto, senza fronzoli, il che per una volta era una piacevole novità. Di sicuro avrebbe avuto piacere a conversare con Oberyn in altra sede. Ne seguì una noiosa disputa in cui pareva che alcuni Lord volessero questionare il comportamento di suo marito a cui lei non prestò la ben che minima attenzione. La sua mente era altrove, ancora ferma su quel Lord della Valle a cui non riusciva a smettere di pensare.
Non era il caso di indugiare ancora, perciò declamò i vincitori di quella prima parte della competizione, sapendo in cuor suo che c'era un unico vero vi citore a cui avrebbe voluto consegnare la rosa personalmente. Quando nominò Yohn Royce il sovrano si alzò e se ne andò. Sapeva che avrebbe pagato le conseguenze e sarebbe stata punita duramente ma non le importava. Dopo molti anni vissuti nell'apatia, godendosi soltanto il potere derivato dalla sua posizione, aveva ripreso a desiderare qualcosa e si sarebbe aggrappata a quel desiderio con tutte le sue forze.


Lady Rhaella Targaryen, Regina dei Sette Regni




- Fire and Blood -


Nella quarta partita: Lady Melisandre d'Asshai
22/12/2014 23:14
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 181
Registrato il: 24/05/2011
Sesso: Femminile
Consigliere del Re
La Leonessa ~ I

La camera di Cersei era ancora avvolta dal torpore della notte, le morbide coltri scompigliate delineavano le curve dei due corpi ospitati dall'ampio letto a baldacchino. Una folata di vento si fece largo oltre la finestra, scostando gentilmente le pesanti tende, insidiandosi all'interno della stanza per poter annunciare l'arrivo del mattino, giocando inizialmente con la luce ancora accesa di una candela ormai volta alla sua fine, avvinghiandone la fiamma tra le sue fresche spire, prima di estinguerla in quella morsa fatale, lasciando solo una scia di fumo come testimonianza della sua vita passata.

Fu forse l'odore della stessa a solleticare l'olfatto della giovane addormentata, che arricciò il naso ancor prima di schiudere i suoi occhi. Un mugolio l'accompagnò, mentre distendeva le lunghe gambe, arcuando leggermente la schiena, con movimenti lenti ed aggraziati a dir poco “felini”. Sollevò entrambe le braccia, per portare le mani a stropicciarsi gli occhi, che sembrava non volessero saperne di svegliarsi, un po' come la fanciulla che con lei condivideva il letto, la sua amica Melara Hetherspoon.

Cersei non aveva alcuna intenzione di scomodare la sua ospite. Si limitò ad osservarla appena con i suoi occhi verdi, il suo sguardo era affilato ed impenetrabile come quello di un gatto. Scostò le coperte con un gesto lento per poi far scivolare prima una gamba e poi l'altra oltre il bordo del letto, fino a quando non sentì il morbido tessuto del tappeto solleticarle la pianta dei piedi. Il letto cigolò, ma Melara non sembrava essersi accorta di niente, continuava a dormire, avvinghiata ad un cuscino, accennando ad un breve russare di tanto in tanto. 'Starà sognando Jaime' pensò la Leonessa di Lannister; si era accorta delle intense occhiate che la ragazza lanciava al proprio fratello gemello, così come il rossore che le ricopriva le gote quando lui le rivolgeva qualche sporadica e distratta parola. Era avvenente Jaime, lei lo sapeva benissimo; se non fosse stato suo fratello avrebbe sicuramente esercitato una certa attrattiva anche su di lei. < Continua a sognare, dolce Melara, perchè è solo in quell'onirico mondo che mio fratello potrà essere tuo! > mormorò quelle parole tra le labbra, mentre le stesse si arricciavano in un sorriso che non prometteva niente di buono; un soffio, quel suo dire, che si disperse nella fresca aria di quell'alba appena giunta.

Con passo felpato calcò il pavimento della stanza silenziosa, animata semplicemente dalla sua ombra, proiettata dalla fiamma dell'unica candela rimasta accesa e riposta sull'ampio tavolo che occupava l'angolo accanto alla finestra. Su di esso erano riposti dei fogli: alcuni vergati in maniera ordinata da una quantità indefinita di parole, altri riportavano qualche scarna promessa, altri ancora delle gentili richieste che nascondevano ben altri intenti.

Cersei sospirò silenziosamente e a lungo, socchiudendo appena le palpebre, prima di riavviare i propri biondi capelli dietro le orecchie e riporre la propria attenzione su quegli scritti, che possedevano ben più di un autore. Le sue lunghe dita accarezzarono la carta ruvida e ingiallita di quelle lettere e i sigilli spezzati che le avevano protette da occhi indiscreti, prima di afferrare uno di quei fogli. Aveva letto quel messaggio tante di quelle volte...ogni sera prima di andare a dormire ed ogni mattino al risveglio da quando lo aveva ricevuto.

'È davvero questo quello che voglio?' si domandò, dopo aver ricalcato ancora una volta quelle parole nella propria memoria. Ripiegò quindi quel foglio in maniera ordinata e, con cura, lo ripose all'interno di un cassetto di quella stessa scrivania. Deglutì appena e nervosamente volse il capo verso il letto quando un lamento di Melara la colse di sorpresa. Sapeva che avrebbe dovuto mettersi alla prova per dare una risposta alla sua domanda e che avrebbe dovuto cogliere quell'occasione e fugare ogni suo dubbio in quel preciso istante.

Fissò quindi la candela e lascio che la sua fiamma traballante si specchiasse nel verde dei suo occhi. In maniera più istintiva che guidata, la mano sinistra di Cersei avanzò verso il fuoco. Sembrava come ipnotizzata e allo stesso tempo rassicurata da quel calore che si faceva sentire, in maniera sempre più pressante, sulla sua pelle candida e delicata, man mano che il suo arto si avvicinava ad esso. Restò così, per una quantità di tempo indefinita, offrendo la sua carne a quella fiammella, che la divorava senza pietà, nel corpo e nell'anima, senza risparmiare niente.

< Mia lady...> la voce assonnata di Melara Hetherspoon ruppe il silenzio risuonando tra le pareti della stanza, strappando la bella Cersei dalla sua contemplazione, riportandola alla realtà con la quale sopraggiunse anche il dolore provocato dall'ustione che si era riportata. La leonessa ritrasse immediatamente il braccio e abbassò lo sguardo ad osservare il palmo bruciato della propria mano. Senza nemmeno pensare che quel gesto avrebbe provocato ancora più dolore, strinse la mano in un pugno che fece sbattere sulla superficie della scrivania. Sul volto permaneva una maschera impassibile, priva di qualsiasi espressione.

Melara trasalì, sopraffatta da quel gesto tanto violento. Rimase interdetta ad osservare la lady di Castel Granito e solo dopo aver respirato ampiamente un paio di volte ed essersi messa a sedere sul letto, trovò il coraggio di parlarle. < Va tutto bene? Ti ho forse disturbata nel sonno? > le sue parole erano tremanti ed incerte, aveva paura di quell'espressione enigmatica che animava gli occhi di Cersei e ancor di più la turbava quel sorriso discreto, appena accennato. < Alla perfezione mia dolce amica...> quel suo modo di parlare flemmatico ed inespressivo la rendevano ancora più inquietante agli occhi dell'altra. < Ho deciso che mio fratello Jaime deve trovarsi una moglie degna del suo lignaggio. > il sorriso si ampliò sulle labbra della Leonessa quando si accorse che sul viso dell'altra cominciò ad essere solcato dalle stesse calde lacrime che lei stessa era costretta a trattenere.
_____________________________________________________________________




Cersei Lannister
~ La Leonessa Smeraldo ~



Nella terza partita: Arianne Martell, Principessa di Lancia del Sole che ha preferito il Re di Picche a Viserys Targaryen




26/12/2014 01:05
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 2.813
Registrato il: 17/01/2007
Età: 48
Sesso: Maschile
Signore della Guerra
Signore dell'Antica Valyria
Tywin 2
La missiva

Dopo aver ricevuto quanto ordinato ed aver congedato i servitori, rimanendo così solo nel vasto solarium della Rocca, Tywin Lannister non potè fare ameno di compiere il solito gesto di congiunzione dei polpastrelli e riflettere. I ricordi lo portarono indietro nel tempo di alcuni anni, quando era ancora Primo Cavaliere del Re ed in molti affermavano fosse lui a governare i 7 Regni. Tali voci avevano presto incrinato in parte il rapporto con il sovrano, geloso del consenso e dell'ammirazione che cresceva in ogni angolo del reame verso quel giovane Lord. eppure Aerys era stato tutt'altro che un pessimo Re: affascinante, generoso e carismatico aveva subito dato una sferzata al governo del Westeros sostituendo i vecchi consiglieri del padre e rimuovendo i burocrati che avevano quasi portato il regno alla catastrofe, nominando al loro posto uomini giovani e risoluti, ben diversi per indole e carattere dagli ottusi e conservatori consiglieri di cui si erano circondati il padre ed il nonno dell'attuale monarca. E come Primo cavaliere la scelta era caduta sul ventenne Tywin Lannister, suo compagno d'armi ed amico già al tempo della guerra dei Re Novesoldi, dove Aerys Targaryen, allora Principe della Roccia del Drago, aveva combattuto in qualità di scudiero guadagnandosi gli speroni di cavaliere, rango al quale venne nominato proprio dal suo amico Tywin.


Per oltre un decennio l'asse Approdo del Re-Castel Granito aveva garantito al reame pace e prosperità nonostante le ormai ataviche rivalità mai sopite di molte delle nobili famiglie di Westeros, diverse delle quali durante gli eventi noti come la Seconda Ribellione Blackfyre avevano sostenuto le rivendicazioni del drago nero contro quello rosso, rendessero la situazione politica ben più instabile di quanto si credesse. Poi gli eventi erano precipitati.
"Mio Lord è accaduta una cosa gravissima" la voce tremante dalla paura del Gran maestro Pycelle aveva svegliato Lord Tywin nel bel mezzo della notte. "Sua Maestà il Re è....prigioniero di Lord Darklyn a Duskendale"
Aerys II Targaryen in un impeto di folle orgoglio era partito personalmente con uno sparuto seguito di signorotti e cavalieri, scortato solamente da un membro della Guardia Reale, per arrestare Lord Denys Darklyn, signore della città portuale di Duskendale, colpevole di aver sottratto dei dazi portuali di competenza della Corona trattenendoli per sè senza dichiarare le somme agli ufficiali pagatori e agli esattori reali. Vistosi messo con le spalle al muro la reazione del nobile era stata al tempo stesso folle ma spietata: il maestro d'armi di casa Darklyn, Ser Symon Hollard, aveva abbattuto Ser Gwayne Gaunt della Guardia Reale e lo stesso Lord aveva imprigionato Aerys Targaryen conducendolo nelle segrete.
Per sei lunghi mesi Lord Tywin Lannister aveva stretto d'assedio la città e sebbene il suo istinto fosse stato quello di raderla completamente al suolo, la minaccia di Lord Denys di tagliare la testa al re se il primo cavaliere avesse osato sferrare un attacco impediva un'azione diretta. Ancora una volta, come quando aveva debellato gli accenni di rivolta dei Tarbeck e dei Reyne, prima di passare alle vie di fatto occorreva escogitare una qualche astuzia affinchè il Re non venisse ferito durante le operazioni di recupero. Ciò che accadde rimase per sempre impresso nella mente di tutti coloro che erano presenti all'assedio della città, inoltre menestrelli, cantastorie, bardi e compagnie di guitti portarono le cronache di quei giorni in ogni angolo del Reame; mentre veniva creato un diversivo presso una delle porte della città, Ser Barristan Selmy riuscì ad infiltrarsi nella città e a penetrare nel castello di Lord Darklyn, calarsi nelle segrete e, nonostante una ferita ad una spalla, liberare il Re e condurlo al sicuro permettendo al Primo Cavaliere di assaltare Duskendale.



Il governo del Regno andò avanti ma il sovrano venne radicalmente cambiato da quegli accadimenti: l'uomo un tempo generoso, elegante e raffinato lasciò il posto ad un nuovo Aerys. Collerico, violento, sospettoso e timoroso di ulteriori attentati alla sua persona il Re iniziò a dubitare anche di amici e collaboratori di vecchia data interpretando qualsiasi parere discordante come segno di possibile ribellione. Ad accentuare questo atteggiamento del sovrano inoltre contribuiva una figura proveniente dal continente orientale, un eunuco dal passato misterioso elevato a rango di Maestro delle spie per la sua indubbia capacità di reperire informazione in ogni angolo dei Sette Regni.
Tywin Lannister ripensò alla missiva che aveva consegnato a Lord Balon Greyjoy affinchè la consegnasse al sovrano. La sua era stata una partita a dadi, rischiosa ma necessaria; non poteva quella lettera essere lasciata ai corvi messaggeri, troppo spesso andavano perdute o intercettate, altrettanto spesso i corvi potevano essere attaccati da predatori o cadere vittima di bracconieri. Suo fratello e Ser Gregor erano partiti per Harrenal per cimentarsi al grande torneo e non avevano potuto essere loro a consegnare la pergamena. Sicuramente Lord Balon Greyjoy non si sarebbe potuto definire il miglior messaggero possibile, ma per gli eventi che Lord Tywin temeva si sarebbero verificati di li a poco. Troppe cose non erano come dovevano essere. Gli Uomini di Ferro non erano annoverati proprio come i più fedeli e retti individui del reame, per diverso tempo pur facendo parte del Regno avevano creato problemi con le loro scorribande depredando villaggi costieri e abbordando navi; fidarsi di loro come messaggeri poteva sembrare una evidente stravaganza, eppure Tywin Lannister era un uomo tutt'altro che stravagante e la scelta di Balon Greyjoy come tramite era decisamente molto ponderata.
Nel mentre attendeva una risposta, ogni giorno da Harrenal arrivavano dispacci e corrieri che informavano il signore di Castel Granito sulle competizioni in atto e sui Lord presenti ed i loro seguiti. L'ultimo corriere, ser Baltymor Haspen aveva recato conferma dell'avvenuta consegna dello scritto al sovrano e dei risultati della Danza della Guerra e dei Duelli, lodando apertamente il comportamento del giovane cavaliere Gregor Clegane, arrivato secondo nei duelli e vincitore di ben centomila dragoni d'oro di premio, ma non appena il cavaliere descrisse in quali condizioni il Re era apparso tutto il compiacimento per i successi di Clegane e per la consegna della missiva si spense definitivamente.
Congedato Ser Baltymor, dopo essersi seduto dinanzi al suo scrittorio, Tywin Lannister comprese che la Corona ed il Regno correvano un grande pericolo e spettava al Lord Protettore dell'Ovest ergersi quale ultimo baluardo.



[Modificato da Emiliano Targaryen 26/12/2014 01:08]


Ser Brynden Tully, il più forte cavaliere del Tridente

Nella seconda partita: Jorah Mormont, da umile cavaliere a Lord Protettore di Alto Giardino.

Nella terza partita: Principe Viserys Targaryen, assassinato da un concilio ristretto di vili e di infami

Nella Quarta partita: Lord Balon Greyjoy, costruttore di bordelli...

Nella Quinta partita: Lord Tywin Lannister, semper fidelis, abbattuto dagli dei.

Nella sesta partita: Ser Denys Arryn, l'unico con le palle che le ha cantate ad un re invertebrato e ad un primo cavaliere doppiogiochista e col carisma di un germoglio di soia

Emiliano Targaryen....l'ultimo dei draghi....

29/12/2014 18:41
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 236
Registrato il: 20/06/2014
Sesso: Maschile
Membro del Concilio
Lord Feudatario
Runestone - Parte II
Castello di Runestone, Valle di Arryn, anno 246 c.a.

“Perdonatemi, Maestro, ma evidentemente non riesco a comprendere cosa intendiate… Quale può mai essere il nesso fra l’onore e la natura delle cose? Vogliate illuminarmi.”

Jon cominciava a spazientirsi. A dispetto della sua parvenza di giovane saggio ed assennato, Jon era un tipo sanguigno e permaloso. Il sangue degli Andali pulsava forte nelle sue vene e faceva bruciare le sue emozioni a dispetto dei freddi della Valle.
Maestro Helliweg gli sembrava godere un po’ troppo nel fare sfoggio delle sue conoscenze, e Jon per un momento fu tentato di umiliarlo e ricordargli quale fosse il suo posto nel mondo.
Ma fu solo un attimo.
La vergogna per quel pensiero lo afferrò con violenza, e il giovane Lord biasimò se stesso per la sua collera immotivata. Cercò di reprimere il suo animo irascibile, e prestò orecchio alle spiegazioni del Maestro.

“Come sapete, mio Lord, gli esseri umani, come gli animali, le piante ed ogni altro elemento dell’ordine naturale non hanno alcuna voce in capitolo nello svolgimento del corso degli eventi. Ciò che deve essere accade a prescindere che noi siamo d’accordo o no, possiamo sforzarci di pensare che le nostre azioni modificano attivamente l’esistente, ma non è così. Il compito delle Rune è di sussurrare agli uomini le parole che sono scritte nel libro della vita, insegnando loro come l’unica cosa sulla quale il loro arbitrio si impone non sia la meta, che è definita dal destino, quanto le modalità del viaggio.”

Jon continuava a non capire, ma non voleva abbassarsi a mostrarlo.
Era umiliante per un Lord dover ammettere la propria ignoranza di fronte a un uomo di lignaggio inferiore, fosse pure un Maestro, peraltro quando si trovava in visita presso i suoi più importanti vassalli e quando l’imperativo era di stupire, non certo di farsi deridere né sminuire.
Fortunatamente Maestro Helliweg si accorse delle titubanze di Jon, e fu più destro di lui a risolvere la questione cavando il suo interlocutore da una situazione imbarazzante.

“Ormai certamente avrete compreso che l’unica scelta che viene data agli uomini è quella dell’onore. Non possiamo decidere quando moriremo, né possiamo cambiare le cose che sono destinate ad accadere. Ma come vivere e come morire, questo sì, ricade nel campo della nostra scelta. È l’onore a renderci cari agli Dei, perché è vivere onorevolmente è l’unico atto che permette all’uomo di distinguersi dal flusso naturale delle cose, rivendicando l’unicità della propria esistenza. La vita è un cerchio di nascita e morte nel quale noi non siamo dissimili dagli animali di cui ci nutriamo, o delle piante all’ombra delle quali troviamo rifugio in una giornata assolata. Alimentiamo la nostra vita nutrendoci della vita di altre creature viventi, e quando moriamo, è la nostra energia ad essere restituita al grande flusso. La corrente di questo flusso si costituisce dei bisogni primari, quali sopravvivere, mangiare, espandersi. È così per gli animali che marcano un territorio, per le piante che mettono radici, per gli uomini che inseguono il potere. Eppure quando un uomo vive con onore, la sua memoria e le sue gesta riecheggiano nell’eternità. Egli nobilita la sua esistenza ed eleva un monumento al suo spirito, rinunciando alla sua naturalità per inseguire un Ideale. Vivendo con onore egli è disposto a mettere in gioco la sua sopravvivenza e la sua espansione sacrificandoli sull’altare di qualcosa di più alto. Solo così la ciclicità degli eventi si interrompe. Questa è la forza che gli Dei invidiano e ammirano negli uomini.”

Jon cominciava finalmente a seguire il discorso; da bambino aveva sempre pensato che quella parola, onore, fosse riconducibile all’orgoglio che ogni uomo prova per il proprio lignaggio, per le proprie tradizioni e la propria casa. Un sentimento egoistico, dunque, la volontà di sentirsi grandi e potenti andando a rivendicare qualcosa di proprio. Ma qui si parlava di un concetto completamente diverso. Un insegnamento che suo padre Jasper si era sforzato di tramandargli.
Era più una coscienza, un sentire, la consapevolezza che esisteva nel mondo qualcosa per cui vivere e qualcosa per cui morire, e la risolutezza di far corrispondere un’azione decisa a questo pensiero.

“Maestro Helliweg, se le voci sul conto del nostro gradito ospite non me lo dipingessero come il più mite e paziente degli uomini, penserei che il vostro eccessivo autocompiacimento nell’intrattenere Lord Arryn stia rischiando di farvi risultare offensivo.”

Una voce di donna alle loro spalle li interruppe.
Jeyne Royce scendeva dalla solida scala di pietra che conduceva al primo piano del castello esibendo un vestito di seta dal taglio semplice e sobrio, di colore marrone con finiture a ricamo color oro e bronzo a motivo runico. Jon non poteva leggere le rune ricamate sul vestito della Lady, eppure anche la scelta di indossare quei segni piuttosto che un motivo ornamentale più classico quale quello floreale o l’arabescato, contribuiva a nobilitare il portamento di quella donna che sapeva essere più grande di lui di qualche anno, e che tuttavia mostrava un’austerità e una forza di gran lunga più carismatiche di quanto avesse immaginato.

“Ricordatevi con chi state parlando, Maestro. Il Lord del Nido dell’Aquila non ha bisogno che gli si spieghi cosa sia l’onore. Avete forse scambiato la nobile persona di fronte a voi per uno di quei mostruosi, folli e ridicoli Lord del sud che si riempiono la bocca allo sfinimento di una parola che non comprendono e che non conoscono, e che li rende deboli con i forti e forti con i deboli?”

La donna era ormai a un palmo di naso da Jon. Fece un leggero inchino cortese, piegando le gambe nel classico incrocio del saluto femminile. Il lineamenti del suo volto erano forti e marcati, i capelli mossi e rossi come il fuoco le cadevano sulle spalle. Gli occhi erano di un colore blu profondo, come le vastità del mare di Essos. Jon era rapito da quella bellezza, soprattutto perché lo affascinava pur non rispecchiando minimamente il suo canone estetico di bellezza eterea, delicata, femminile.
Jeyne era piuttosto un fuoco travolgente che emetteva forza e decisione tutto intorno a sé. Scrutando il suo viso non emergeva ritrosia o delicatezza, quanto piuttosto passione.

“Mio Lord di Arryn, sono Jeyne Royce. Vi sono grata per aver preso in considerazione l’idea di unire la vostra Casa a Runestone, e farò tutto ciò che è in mio potere per convincervi che io sono la scelta giusta per voi.”

Jon non poté fare a meno di sentirsi un po’ intimidito da quell’entrata in scena. Di certo non era quel che si aspettava. E si chiedeva che fine avesse fatto Lord Royce… Forse alla presenza del padre questa donna così… emancipata…? No, non era la parola giusta.
Straripante, piuttosto. Volitiva.
Forse avrebbe conosciuto un freno se Lord Andar fosse stato lì con loro? Ne dubitava.

“Beninteso, mio Lord, sempre ammettendo che riusciate voi a convincermi che siete la scelta giusta per me. Ditemi dunque, milord, a dispetto delle belle ciance del nostro Maestro… Quanto alto volta l’onore degli Arryn? Cos’è per voi questa parola?”

La donna osservava ora Jon con uno sguardo di sfida. Questa figlia non avrebbe affatto obbedito alle decisioni del padre, piuttosto si sarebbe detto il contrario. Sarebbe stato il padre a doversi piegare alla scelta di questa cavalla indomita. Jon aveva sempre sognato una moglie devota e mite, calma, capace di assecondare le sue decisioni. Non pensava che nel matrimonio dovesse esserci amore, passione, contrasto e fuoco, quanto piuttosto rispetto, serenità, armonia. Così era stato fra suo padre e sua madre. Ma che armonia poteva esserci con questo torrente in piena che si stagliava davanti a lui? Sebbene non la conoscesse era sicuro che Jeyne Royce avrebbe contestato ogni sua decisione, se non altro per il mero gusto di farlo. Gli sembrava quasi di poter leggere il futuro, era scritto in quegli zigomi alti e forti, in quei capelli fiammeggianti che sembravano ardere e crepitare intorno al volto della donna.
Jon decise di raccogliere la sfida. Era il Lord della Valle, e avrebbe domato quella cavalla.
Sorrise.

“Mia signora, dopo un’entrata in scena come la vostra rimane difficile per un uomo parlare di qualcosa di diverso dalla vostra bellezza. Ma dato che sembrate apprezzare i modi diretti e non i tortuosi giri di parole, vi risponderò da Arryn a Royce. Io chiamo onore ciò che mi impone di avere rispetto di me stesso, che mi impedisce di inchinarmi alla forza e alla paura, di scendere a patti con ciò che disprezzo.”

Quelle parole furono pronunciate con una forza di cui finora il Lord della Valle non aveva fatto sfoggio nel castello di Runestone. Sulla parola “disprezzo” Jon pose un accento particolare, che suonò alle orecchie dei suoi interlocutori come un anatema, una sentenza di morte.
Lo sguardo di Jon scrutò la donna, penetrandola nell’intimo della sua anima.
E fu allora che il blu cobalto degli occhi di Jeyne incontrò il caldo ghiaccio di quelli di Jon. Un celeste così gelido e aspro che poteva bruciare al tatto, come il ghiaccio più freddo.
Jeyne pensò che quell’uomo era un’antinomia vivente. Era freddo eppure ardeva. Era saggio eppure il suo sangue ribolliva. Sembrava mite ma poteva essere feroce. Poteva essere appassionato… oltre che rispettoso?

“Onore è il sentire violata la propria dignità umana dinanzi a un'ingiustizia grave, è il seguire dei comportamenti indipendentemente dai vantaggi e dagli svantaggi, è agire per difendere ciò che merita di essere difeso, che la cosa sia nel mio interesse o no. Milady, se provassi rabbia soltanto per ciò che mi tocca da vicino, che differenza ci sarebbe fra me e l’ultimo dei miei sudditi? L’Onore degli Arryn vola alto sulla Valle, scruta dabbasso e ruggisce di rabbia per i torti subiti da ognuno dei nostri sudditi. Un torto fatto al più misero dei miei contadini, è la più grave delle offese fatta a me. Questa è la misura del mio onore, Milady. La risposta vi soddisfa?”

Fine seconda parte
[Modificato da Euron Occhiodicorvo 29/12/2014 18:44]

__________________________________________________



Rickard della Casa Stark, Signore di Grande Inverno, Lord Protettore del Nord.

L'inverno sta arrivando
03/01/2015 13:23
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 144
Registrato il: 06/08/2010
Età: 34
Sesso: Maschile
Veterano di Guerra
Rattleshirt 3

Arrampicato su di un vecchio abete carico di neve, Rattleshirt osservò il vasto avvallamento montano posto all'estremo sud ovest delle terre libere, conosciuto anche come "La Gola". Non sapeva molto di questa terra, in quanto eegli era stato cresciuto più a nord, sulle montagne. Confinava direttamente con la barriera, ed era collegata alla Torre delle Ombre da un piccolo ponte, chiamato ponte del forte occidentale, e questo sicuramente voleva dire che qualche scambio con i guardiani della notte era normale per queste tribù. Che si trattasse di barili di vino, sacchi di farina o acciaio, i bruti potevano ripagare solo con pelli, legna e pietre "preziose" trovate nelle montagne. Rattleshirt non aveva mai capito cosa potesse avere di prezioso una pietra, per quanto dura e colorata.

Davanti ai suoi occhi si stagliavano un nuguglo caotico di tende, carri e fuochi, come in ogni accampamento del popolo libero. Rattleshirt aveva calcolato le tappe della marcia dagli artigli del gelo in modo da giungere alla gola al calare della sera. Avrebbe fatto riposare i suoi guerrieri, e l'attacco sarebbe partito di notte, quando le difese dei suoi nemici sarebbero state più deboli.

Era triste pensare a questa tribù come "nemica" quando ancora non aveva nemmeno provato a parlarci. Ma la loro probabile collusione con i guardiani della notte, unita al loro primo rifiuto di unirsi alla sua causa erano motivi sufficienti a giustificare il massacro.

Rattleshit scese dal suo nascondiglio sull'albero, e si diresse verso i proprio uomini, accampati poco distante sull'altro lato del crinale. Celati dalle chiome delle conifere e dal calare della notte, nessuno li avrebbe avvistati. Quando giunse alla sua destinazione cercò Lenyl Lungapicca, il comandante dei suoi lancieri, e con lui ripassò il piano. Sulla nuda terra erano disposti dei sassi e dei cumuli di neve, a riprodurre le sembianze dell'accampamento alla gola.

"Io guiderò i nostri barbari qui" disse Rattleshirt indicando con un bastoncino "nelle tende dove riposano i bambini, i vecchi e le donne. Non voglio che sia fatto loro del male, quindi controllerò di persona il comportamento degli uomini. Tu sarai alla testa dei lancieri, ed attaccherai qui" indicando ora la parte laterale, a contatto con la foresta "dove abbiamo visto la maggior parte dei guerrieri. Prendili di sorpresa e non avrai perdite." La sua mano si portò ora sul lato opposto della mappa improvvisata, dove si sarebbero schierati gli arcieri. "Usarete frecce incediarie, con la punta coperta di pece e stracci. Semineranno il terrore e appiccheranno incendi. L'attacco inizia tra poche ore."

***

Erano tutti in posizione ormai. Rattleshirt aveva dato ordine ai suoi capitani di sventolare brevemente una torcia per segnalare che erano pronti all'assalto. Quando ricevette il segnale da tutti, si rivolse all'uomo al suo fianco, il suo consigliere, Orell l'aquila:

"E' ora."

Con sguardo grave e determinato Orell rispose:

"E' ora!"

Rattleshirt raggiunse con la mano il corno pendente dalla sua cintura, compagno di mille caccie e battaglie, lo portò alle labbra, e vuotò il contenuto dei suoi polmoni.
Un suono straziante riempì l'aria poco prima dell'alba, e tutto ebbe inizio.
----------------------------------------------------
IN GIOCO: Lord Quellon Greyjoy



Nella sesta partita, Lord Tywin Lannister, protettore dell'Ovest, tradito con le brache calate come nei libri
Nella quinta partita, Rattleshirt, un uomo libero che ha portato i suoi mammut sulle spiagge di Old Town
Nella quarta partita, Lord Paxter Redwine, sfortunato ammiraglio della flotta ribelle
Nella terza partita, Oberyn Martell
03/01/2015 14:51
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 1.019
Registrato il: 10/01/2007
Età: 34
Sesso: Maschile
Campione del Regno
STORYLINE 1. IO SONO ORELL L’AQUILA

Seconda Settimana. 281 AC. La Gola

"E' ora!"

Il Corno di Rattleshirt lo assordò per un secondo e quasi fermò i battiti del suo cuore. I battiti arrivano fino in gola, il suo mondo si fermò nel rosa del cielo che precede un nuovo giorno.
Gli archi del Clan delle Ossa, dalle alture del passo, si tesero scaricando una pioggia di morte e fuoco sull’abitato.

Le alture, durante la notte precedente, erano state sistematicamente occupate dal clan delle Ossa. Il loro attacco sarebbe arrivato silenzioso e letale sulla gente del clan delle Grotte. Tutti sarebbero stati massacrati, perché quella era la guerra del Popolo Libero. O si vince o si muore.
Delazioni e pietà erano merce rara anche se, come Dominem aveva dimostrato prima di riunirsi ai suoi antenati nella tomba, ogni cento anni sorgeva un capo in grado di ottenere quello che desiderava con le parole e non solo con l’ascia.
Non era questo il caso: Rattleshirt aveva bisogno di un segnale che indicasse la sua forza, aveva bisogno di un massacro per iniziare le danze.
Orell gli avrebbe dato quel massacro perché quel massacro era necessario.

La Pantera Ombra senza nome era stata particolarmente abile nelle eliminazioni. Non poteva essere ovunque contemporaneamente e continuava ad avere paura del fuoco, come la quasi totalità degli animali selvatici. La presenza di Orell nella sua mente risultava ancora problematica, ma le donava diverse conoscenze che non le appartenevano.
Il Mutaforma, al tempo stesso, iniziava a capire come unire le sue abilità a quelle della pantera senza minarne l’abilità. La sua voce nella testa del felino le impediva di perdere il controllo, ora.
Non che ne avesse bisogno: quel genere di predatore possedeva una perizia e un’abilità nell’uccidere che non si poteva paragonare a quella di nessun altro animale.
Certo, circondata e messa all’angolo da uomini armati, non avrebbe avuto scampo..ma Orell le aveva dato un supporto enorme in termini di uomini e mezzi.
Così ora quel mostro dotato di artigli correva in avanti insieme alla banda da guerra di Jarl Rattleshirt in persona, con i suoi veterani armati di lancia.
Una cosa da far pisciare merda dal culo per la paura.

Quella non fu una vera battaglia: fu un massacro pure e semplice. Una mera dimostrazione di violenza e potenza militare.
Gli uomini del clan delle Ossa passarono sul clan delle Gole come la falce del contadino sul grano del sud. Un’operazione di bassissima macelleria.
Tutti coloro che avevano impugnato le armi vennero uccisi senza pietà.
Al centro del disordinato gruppo di tende, nella Gola stessa, Jarl Rattleshirt affrontò il Vecchio Grigio com’era usanza tra i Capi Clan in quei periodi turbolenti ma nulla potè l’anziano uomo, forte delle sue ombre e dei suoi intrighi sanguinari, contro il giovane Jarl armato di osso.

Quella notte, le pire arsero a ricordare i morti di quel giorno. Il Clan delle Ossa ne era uscito senza un graffio e senza un caduto. E le Asce Spezzate si erano unite alla sua forza militare.
Le tende rimaste integre vennero semplicemente smontate e spostate sui carri e sulle slitte, mentre il clan montava il suo accampamento proprio dove c’era stato quello del Clan delle Grotte.
Le donne vennero divise tra i guerrieri e il loro sangue avrebbe rinforzato quello dell’intero clan. Lo Jarl in persona rinunciò alla sua parte di bottino a favore dei suoi uomini e prese con sé la nipote del Vecchio Grigio: una bambinetta di nome Velya.
Era stata una buona giornata, una bella giornata.

Ma i venti del Nord soffiarono vigorosi quella notte mentre un’enorme perturbazione nevosa si faceva largo verso sud dalle Terre dell’Eterno Inverno.
Per più di un paio di ore, Orell perse qualsiasi contatto con Ranalla e temette il peggio ma poi vide cosa aveva tenuto la sua aquila.
Vide e tremò sotto le pellicce e il cuoio, tremò sotto la pelle e i muscoli.
Tremò fino alle ossa.

*I morti camminano attraverso le terre degli alberi bianchi, Orell*
*Li vedo, sorella*
*Vanno verso il muro che volete superare. Non sarebbe male se lo passassero e se ne andassero definitivamente, così la smetteresti di pensare alle terre oltre quel muro*
*Non è così facile*
*Lo è per me. Potremmo andarci insieme, potresti lasciare questa guerra dove sta*

Una manina calda lo scosse, interrompendo il contatto con la sua controparte alata.
“Orell l’Aquila” disse la vocina coperta di pelli di orso “Lo Jarl ha bisogno di te nella sua tenda.”
Orell si alzò da terra lentamente, come a voler riprendere completamente il controllo del suo corpo. Poi sollevò la mocciosa ottenendo uno squittio divertito.
“Andiamo a vedere cosa vuole lo Jarl.”
“C’è un messaggero del Veleno dei Giganti.”
_____________________________________________________________________________________________________________________________
Nella Settima Partita:


Lord Alester Florent, Lord di Brightwater Keep.
Florent
upload images


Nella sesta partita: Bryen Caron, decaduto lord di Nightsong, che perse una gamba per l'ospitalità di casa Greyjoy

Nella quinta partita: Orell l'Aquila-sulla-Barriera. Maestro delle Spie di Re Rhaegar I Targaryen, Lord di Bosco del Re

Nella quarta partita: Lord Vargo della casa Hoat, Lord Protettore del Sud dal suo incredibile seggio di High Garden. Distruttore di Estranei, Difensore della Barriera e Creatore della Strada delle Mani.
Fedele e leale suddito di Re Stannis Baratheon I.

Nella terza partita: Lord Davos Seaworth, Alfiere del Trono di Spade, Signore di Arbor.
Spia e Boia di Re Hoster Tully I.
05/01/2015 18:36
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 2.820
Registrato il: 17/01/2007
Età: 48
Sesso: Maschile
Signore della Guerra
Signore dell'Antica Valyria
Venti di guerra?

L'armigero di turno alle porte del castello si domandò quante volte quel cavaliere avesse fatto avanti e indietro trasportando dispacci fra l'Occidente e le terre dei Fiumi. Non riuscì a ricordarne il numero, ma la polvere sul mantello e il sudore che ne imperlava la fronte nel momento in cui discese trafelato da cavallo una volta arrivato alla garritta posta a guardia della prima delle Sette Porte del castello indicavano senza la minima ombra di dubbio che quell'ultimo viaggio doveva essere stato fatto di tutta fretta.

Con un gesto più brusco del necessario il cavaliere passò le redini della sua cavalcatura al giovane stalliere che si era fatto innanzi poi si diresse verso il secondo posto di guardia e dopo aver dichiarato le proprie generalità, anche se ormai tutti ne conoscevano l'identità, chiese di essere portato davanti al suo lord.

Ser Richard Horpe ormai conosceva le Sette Porte quasi quanto gli armigeri preposti alla loro sorveglianza. Nato in un piccolo castelletto non molto distante da Kayce da un semplice cavaliere errante, si era dimostrato abbastanza abile nell'uso della spada da essere preso quale scudiero da Ser Theodore Kenning, secondogenito di Lord Theomore, signore di Kayce. ottenuto il cavalierato all'età di diciannove anni, per le sue doti di ottimo cercatore di piste era divenuto 2 anni dopo capo degli esploratori e spesso inviato quale ricognitore o messaggero, essendo in grado di scovare sentieri poco battuti e scorciatoie per evitare incontri molesti o semplicemente per abbreviare il percorso. Le sue indubbie capacità lo avevano portato all'attenzione dello stesso Lord Tywin che ne aveva richiesto personalmente i servigi a Lord Terrence, il quale si era mostrato estremamente saggio a ritenersi gratificato da quella richiesta e ad acconsentire che Ser Richard entrasse al servizio diretto dei Lannister di Castel Granito.

Lord Tywin Lannister, signore di Castel Granito, scudo di Lannisport e Protettore dell'Occidente era stato tutta la mattinata e gran parte del pomeriggio a dare udienza nella sala grande del castello, dispensando la giustizia e dirimendo piccole dispute fra signorotti locali, lasciando ai suoi consiglieri e al suo Maestro quelle che riguardavano piccoli mercanti e contadinotti del volgo, limitandosi semplicemente a ratificare le decisioni prese. conclusesi le udienze era rimasto da solo con i suoi più stretti consiglieri e con suo fratello Kevan ad esaminare i dispacci che arrivavano quasi quotidianamente. A richiedere la maggior parte del tempo fu naturalmente il solito rendiconto settimanale della contabilità proveniente dagli ufficiali doganieri del porto di Lannisport. Il problema era sempre il medesimo: la franchigia reale.

Poco prima della rivolta di Duskendale Re Aerys aveva annullato dalla sera alla mattina le disposizioni in merito alle imposte portuali nei Sette Regni, escluse quelle di Città del Gabbiano, raddoppiando le aliquote vigenti sia a Duskendale che a Vecchia Città e triplicando la tassazione a Lannisport, creando un clima di tensione soprattutto fra i mercanti che battevano le rotte del Mare del tramonto, molti dei quali avevano ritenuto preferibile un percorso maggiore per fare scalo ad isola Bella oppure a Kayce, ma entrambe le località non erano attrezzate per sostenere un cosi vasto traffico marittimo per cui dopo pochi mesi la città portuale di Lannisport tornò ai tradizionali volumi commerciali ma con guadagno decisamente ridotti per mercanti, commercianti e tutta la filiera. Le lamentele anzichè decrescere con il tempo aumentavano sempre di più, anche a causa delle fatiche e delle privazioni del pesantissimo inverno che sembrava alle porte ma che tante pene aveva arrecato alla popolazione.
Quando ser Richard venne annunciato e introdotto nel solarium di Lord Tywin, quest'ultimo congedò in fretta gli altri astanti, eccezion fatta per suo fratello Kevan. Aveva diverse volte letto le missive ed i messaggi che Ser Horpe aveva recapitato da quando era passato al suo diretto servizio, pertanto non potè fare a meno di notare che il cavaliere era a mani vuote, non recando con se alcuno scritto, oggetto o pergamena. Lo sguardo del lord di Castel Granito lo penetrò talmente in profondità che senza il minimo bisogno di alcun comando, Ser Richard ruppe gli indugi e parlò per primo.

"Mio Lord ...ciò che ho da riferire ho ritenuto fosse poco saggio vergarlo per iscritto. Ho preferito comunicarvelo di persona" la voce spezzata e le mille pause del cavaliere ne tradivano l'agitazione ancor prima che narrasse ciò che aveva da raccontare. Cercando di dominare le proprie emozioni riprese "...durante uno dei banchetti che è seguito alla prova del duello, sicuramente per effetto del troppo vino...." un'altra pausa e il colore del volto di ser Richard divenne quasi paonazzo. Cercando di venire a capo della situazione e credendo di aver interpretato ciò che stava per essergli rivelato Lord Tywin Lannister ruppe gli indugi "Cosa è accaduto a mio fratello o a Ser Gregor? Un qualche incidente oppure la loro condotta ha creato problemi con il sovrano o con altri Lords?"

Sapeva fin troppo bene che durante i banchetti e le libagioni che seguivano ai tornei l'enorme consumo di vino, birra ed alcol portava spesso gli uomini a compiere gesti eccessivi, molti dei quali creavano tensioni che fortunatamente si esaurivano nel giro di un ciclo di luna, altri invece purtroppo erano destinati a rimanere impressi come marchi infuocati nelle memorie sia di chi aveva arrecato sia di chi aveva ricevuto l'offesa. Gerion Lannister pur essendo del suo stesso sangue aveva troppo di loro padre, il defunto Lord Tytos, e troppo poco di dei due fratelli Tywin e Kevan; Gerion era licenzioso e a spesso grossolano, pur avendo una raffinatezza nobiliare era spesso solito prendersi licenze e confidenze non concesse. Che avesse detto la parola sbagliata alla persona sbagliata? Magari ubriaco avesse fatto una battuta di troppo all'indirizzo di Lord Whent o peggio ancora su qualcuno della casa reale? In quel caso il rischio è che a tornare da Harrenhal fosse un corpo decapitato preceduto da un cesto contenente la sua testa. Ser Gregor poteva addirittura aver fatto di peggio.

Sbigottito dalla domanda del suo Lord ser Richard questa volta fu lesto a prendere la parola per paura di essere frainteso e di essere poi successivamente accusato di aver detto inesattezze al suo Signore. " No mio Lord, al banchetto Gerion era assente e ser Gregor ha trascorso la serata insieme ad altri cavalieri, me compreso, limitandosi a mangiare e bere. Ma durante la notte che è seguita alla libagione nel salone dei cento focolari è accaduto che..." inghiottì la sua stessa saliva prima di completare la frase..."...una fanciulla è stata violentata ripetutamente nel corso della nottata e nessuno è riuscito ad intervenire.."

Era assai frequente che molte fanciulle durante quei banchetti cosi fragorosi e confusionari finissero ad allietare il letto di nobili, cavalieri o semplici soldati al seguito; cortigiane, locandiere, servette e sguattere spesso ricevevano in dono un qualche bastardo e di certo ciò non arrecava danno a nessuno, se non a qualche marito cornuto che magari a sua insaputa cresceva un figlio non proprio.
"Cosa avrebbe di così particolare questo stupro di una servetta da richiedere che tu ammazzassi quasi il cavallo per arrivare ventre a terra da Harrenhal?" il tono di voce di Lord Tywin era come sempre basso, asciutto e ben calmo.

"Mio Lord...è stata stuprata non una ragazza del volgo, ma una donna di nobile lignaggio, per di più sposata ad un alto Lord, vostro ospite. Di notte, durante l'assenza di Lord Balon, impegnato nei festeggiamenti, Lady Alannys ha subito questo affronto alla sua persona"
"E chi avrebbe compiuto tale gesto?"
Ser Richard chinò il capo, quasi ad aver paura a pronunciare quel nome, il quale uscì dalla sua bocca come un live sussurro "E' stato il Re Mio Lord"
Lord Tywin non potè fare a meno di rispondere con un altrettanto flebile sussurro "Capisco" e chiudendo gli occhi congiunse i polpastrelli delle sue mani.





Ser Brynden Tully, il più forte cavaliere del Tridente

Nella seconda partita: Jorah Mormont, da umile cavaliere a Lord Protettore di Alto Giardino.

Nella terza partita: Principe Viserys Targaryen, assassinato da un concilio ristretto di vili e di infami

Nella Quarta partita: Lord Balon Greyjoy, costruttore di bordelli...

Nella Quinta partita: Lord Tywin Lannister, semper fidelis, abbattuto dagli dei.

Nella sesta partita: Ser Denys Arryn, l'unico con le palle che le ha cantate ad un re invertebrato e ad un primo cavaliere doppiogiochista e col carisma di un germoglio di soia

Emiliano Targaryen....l'ultimo dei draghi....

09/01/2015 00:11
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 255
Registrato il: 20/06/2014
Sesso: Maschile
Membro del Concilio
Lord Feudatario
Mostri

Harrenhal, 281 ca, Campo Arryn


La testa era sul punto di scoppiargli.
Le vene pulsavano frenetiche sulle tempie. Il suo corpo somatizzava la sofferenza delle membra e dello spirito, e sbuffava sudore da ogni poro della pelle.
Gli occhi di Jon Arryn sembravano iniettati di sangue, due palle spalancate che stavano per uscire dalle proprie orbite.
Nel letto ormai madido, l’uomo tentava invano di riposare, di lasciare che la febbre che si era scatenata in lui nel momento meno opportuno facesse serenamente il suo corso.
Ma non poteva riposare, non poteva dormire. Ogni volta che le sue palpebre si abbassavano nell’oscurità prendeva corpo l’immagine di una Alannys spezzata, violata.
Era stata morsa, graffiata e violentata come fosse un pezzo di carne.
L’abominio capace di commettere un crimine tanto esecrabile non aveva voluto godere del piacere di possedere una donna. Aveva voluto celebrare un pasto. Un pasto crudele.
Non c’era nulla del desiderio sessuale nei segni che aveva visto sul corpo della lady di Harlaw. Si sarebbe piuttosto dovuto parlare di pura sete di dominio e di prevaricazione. Il dominio assoluto di un maschio su una femmina.
Un tipo di piacere ben diverso, che mai era riuscito a capire e che disprezzava.
Era qualcosa che associava più facilmente al mondo animale, quello delle bestie, dove le gerarchie si stabilivano attraverso il predominio fisico, e dove la violenza sessuale diveniva uno strumento per punire.
Jon non aveva mai realmente imparato a convivere con quella realtà.
Non poteva accettarne l’orrore intrinseco, la devastante deriva psicologica che seguiva alla violenza fisica.
Nei suoi molti anni di vita aveva visto fiumi di sangue, uomini ridotti a brandelli, il miracolo del corpo umano trasformato in un ammasso organico maleodorante.
Il suo stomaco aveva imparato a digerire tutto, col tempo, la guerra, la crudeltà. In fondo la vita poteva essere tratteggiata di una bellezza immacolata solo nelle poesie, dove uomini ispirati riuscivano a riprodurre attraverso le parole un mondo che non trovava riscontro nella realtà.
La realtà era fatta sì di bellezze indescrivibili, ma anche di inenarrabili violenze.
Ma questa non era mai riuscito a concepirla.
Si poteva uccidere una persona, liberarla dalla sofferenza.
Ma lo stupro era qualcosa di terribile, di inaccettabile, che mai una persona dovrebbe fare a un’altra.
Si entrava all’interno dell’individualità di una donna e la si faceva implodere da dentro, riducendo a brandelli una vita.
Jon non riusciva a sopportare questo pensiero. Non poteva umanamente concepire un crimine di natura così… bestiale.
Non aveva mai saputo controllarsi quando si era trovato al cospetto di orrori di questo tipo.
Nell’Essos, i soldati dei Sette Regni spesso e volentieri si erano lasciati andare a stupri e violenze, legittimati da quell’inaccettabile sorriso compiacente dei loro ufficiali. Come se fosse normale, come se fosse inevitabile. Se facesse parte del gioco.
Ma non i soldati Arryn.
Non più. Non dopo la lezione che il loro Lord gli impartì.

Erano i primi mesi della campagna di Jaehaerys contro il suo rivale Maelys il Mostruoso e le orde dei Re da Nove Soldi. La cavalleria Arryn aveva occupato un piccolo borgo su una delle alture che caratterizzano l’isola di Lys, che era diventata la testa di ponte della campagna militare dei Sette Regni e la base operativa principale per gli approvvigionamenti di uomini, cavalli, provviste, macchine belliche, dal continente occidentale.
L’isola era caduta facilmente, la Banda degli alleati di Maelys non aveva neanche tentato di difenderla, perché lo spiegamento di forze navali di quella prima offensiva Targaryen era stato imponente. La Banda sapeva che la partita si sarebbe giocata sul continente orientale, dove le forze di terra dei due schieramenti si sarebbero equivalse.
Ebbri di vittoria ed entusiasti per quel primo vittorioso sbarco, molti furono i soldati del Re che si abbandonarono a eccessi e ruberie ai danni della popolazione locale.
La guerra era capace di creare queste mostruosità.
Quando un uomo abbandonava la casa, la famiglia, gli affetti del calore domestico, per imbarcarsi in una guerra che non sentiva sua, che non lo riguardava, che non gli apparteneva, e che nondimeno minacciava di strappargli tutto… Dalla vita, a un futuro, alle speranze, all’amore… Negli uomini tutto ciò scatenava qualcosa di terribile. A casa essi non lasciavano soltanto moglie e figli, ma un pezzo della loro umanità.
Rinchiusa in uno dei loro cassetti, l’avrebbero ritrovata lì al loro ritorno. Se mai fossero tornati.
Sulle navi che presero il mare da Lancia del Sole, da Capo Tempesta, da Approdo del Re alla volta dell’Essos non ci fu posto per l’umanità.
Jon era intento a studiare la topografia della regione di Tyrosh, una delle piazzeforti della Banda, quando fu informato che alcuni dei suoi uomini erano stati feriti dalla popolazione locale per aver abusato di alcune ragazze. Il grosso dell’esercito Arryn aveva presto ristabilito l’ordine, ed ora Jon doveva decidere se prendere delle misure punitive nei confronti del villaggio.
Era la prima guerra per lui.
La prima volta che si trovava di fronte alla nefandezza, alla barbarie, alla bestialità.
La guerra generava mostruosità che i suoi soldati non potevano neanche immaginare.
Ma quel che l’immaginazione non poteva cogliere presto sarebbe stato sperimentato sulla propria pelle.
Jon stabilì che i sei soldati stupratori fossero denudati e legati mani e piedi a dei paletti conficcati a terra.
Diede licenza agli uomini del borgo di considerare quei corpi nudi e bloccati a terra come un orinatoio pubblico per le 24 ore a venire.
Gli abitanti del borgo non si lasciarono pregare. La rabbia per la violenza subita dalle loro mogli e figlie era feroce. Mattina e sera pisciarono in faccia a quei sei uomini tutto il loro odio, tutta la loro frustrazione.
Ora anche loro sapevano.
Ora anche loro avevano sperimentato l’impotenza, l’umiliazione, la sopraffazione.
Ma non era sufficiente.
Giungeva il tempo della soddisfazione.
Il secondo giorno furono le ragazze stuprate a poter disporre liberamente dei loro aguzzini.
Gli fu messo un coltello in mano, e fu data loro carta bianca.
Alla fine della giornata l’esercito Arryn contava due uomini in meno.
Dei quattro superstiti, tre erano stati evirati e mutilati.
Solo uno dei soldati era scoppiato in lacrime, aveva detto di provare orrore per se stesso e per i suoi compagni, aveva chiesto la morte perché solo con quella avrebbe potuto espiare quanto commesso.
Fra i singhiozzi e la bocca impastata di lacrime e moccio aveva biascicato che si sarebbe messo in ginocchio, come i vermi, se le corde glielo avessero permesso, perché solo in ginocchio poteva dimostrare il suo pentimento, la sua vergogna.
Quella disperazione mosse qualcosa nell’animo della donna violata.
Qualcosa che fu più forte del torto subito, qualcosa che la spinse a un gesto di pietà.
Persino nel momento più buio una donna era ancora capace di dimostrarsi migliore di un uomo.
Quando le navi salparono via da Lys, quell’uomo chiese di poter restare sull’isola.
Solo i Sette sanno cosa ne sia stato di lui.
A Jon piaceva pensare che l’uomo avrebbe dedicato il resto della sua vita cercando di restituire agli occhi della sua vittima quella luce che tanto brutalmente vi aveva tolto.
L’ira di Jon Arryn si era abbattuta sui suoi soldati come un castigo degli Dei. Essi sapevano ora che esisteva un prezzo per aver tradito l’onore del lord. E questo prezzo non si esauriva con la morte.

Jon era consapevole, sicuro del fatto che i soldati Targaryen che Balon aveva additato come colpevoli sarebbero stati condannati. Era la strada più facile, quella del capro espiatorio.
Si dava in pasto alla propria brama di vendetta e alla sete di lieto fine dell’opinione pubblica un colpevole qualsiasi, a chi importava se era davvero colpevole o no?
Agli uomini non interessa la giustizia, interessa l’illusione della giustizia. Si saziano con quella.
Così possono continuare a vivere cullandosi nell’idea che il loro mondo sia perfetto, la loro coscienza pulita, il sistema funzionante.
Nessuno vuole guardare in faccia l’abisso, perché è popolato di mostri.
Jon invece non si era mai tirato indietro dal guardarvi dentro, al punto che lo sprofondo più oscuro della mostruosità umana aveva cominciato a sembrargli uno specchio riflesso.
La violenza e l’efferatezza avevano un solo volto, o davvero credeva di potersi continuare a nascondere dietro il palliativo della colpa e della punizione? Una punizione che superi la colpa che cos’è se non un esercizio gratuito di violenza?
Le sue punizioni avevano spesso superato la colpa.
Anche le punizioni che infliggeva a se stesso. La giustizia poteva esistere solo nel momento in cui era inflessibile, o non sarebbe esistita affatto.
Anzi, nella giustizia assoluta doveva essere necessariamente contenuta una forma di ingiustizia. Solo con un’ingiustizia infatti si poteva realmente compensarne un'altra.
Quei soldati Targaryen sarebbero morti perché il debito di sangue di Alannys necessitava di essere pagato.
L’ingiustizia da lei subita poteva essere ripagata solo con un’altra ingiustizia.
Se avesse smentito la versione di Balon, se avesse fatto emergere tutte le discrepanze della sua storia, avrebbe costretto Lord Stark e Lord Hoster ad emettere un verdetto di innocenza.
Tale verdetto avrebbe conseguito che Lord Balon era un mentitore e un assassino, e avrebbe spostato l’attenzione dallo stupro alla violazione dell’ospitalità Tully da parte di un Alto Lord dei Sette Regni.
Ma avrebbe probabilmente anche portato alla ribalta il nome del vero colpevole.
Un nome che poteva aggirarsi liberamente per gli accampamenti senza temere perquisizioni o blocchi.
Un nome che Balon si sforzava in tutti i modi di proteggere, finanche arrivando a mentire e sputare sullo stupro di sua moglie.
Un nome dal quale traspirasse ferocia e follia, violenza, peccato, punizione.
Punizione…
Il pensiero di Jon corse per un momento alla lettera che Balon stringeva nelle mani, in attesa davanti agli appartamenti reali.

Un messaggero… di chi?
Ali oscure, oscure parole.
La Grande Bestia…
Divora, graffia, morde, dilania.
Sputa fuoco su amici e nemici, tutto travolge nella sua furia.
Inarrivabile, intoccabile, inconfessabile.
Le unghie… quelle unghie…
Devo controllare le sue unghie… e i denti…
Il sangue… il sangue di Alannys…

Spossato dalle febbri, delirante e al limite della resistenza, i pensieri di Jon cedettero.
Finalmente si assopì, ma non fu un sonno sereno il suo. Un incubo orribile accompagnò il suo riposo.
Un incubo di draghi e piovre.

[Modificato da Euron Occhiodicorvo 09/01/2015 00:19]

__________________________________________________



Rickard della Casa Stark, Signore di Grande Inverno, Lord Protettore del Nord.

L'inverno sta arrivando
11/01/2015 14:04
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 99
Registrato il: 11/06/2014
Età: 24
Sesso: Maschile
Cavaliere
Eddard Stark 01 | il torneo di Harrenal 02 | l'isola dei volti
La colonna del nord si era fermata a poche miglia dal castello di Harren il nero, e già si potevano ammirare le alte torri che lo circondavano nella sua immensità.

Ned e Lyanna stavano seduti su un tronco spezzato al limitare della strada del re. Era ormai notte, il sole giocava a nascondino tra le dolci colline delle terre dei fiumi in attesa che la luna prendesse il suo posto. Cinquanta metri più in la una dozzina di uomini tra cui il grande Jon stavano raccolti attorno a un falò, svuotando boccali su boccali.

Ned stava contemplando una mappa del territorio.
'Harrenal, eccolo qua. E qui passa la Strada del Re. E qui si trova l'occhio degli dei. E al centro di esso... Come ho fatto a non pensarci prima!? Qui si trova la leggendaria Isola dei Volti!'
La leggenda narra che un tempo primi uomini e figli della foresta fossero in forte conflitto, ove i figli della foresta scolpivano i volti degli dei negli alberi diga, i primi uomini venivano ad abbatterli. I figli della foresta capirono che non avrebbero mai potuto vincere quella guerra, e i primi uomini erano stanchi di un conflitto che durava da secoli. Furono quindi eroi e capi a incontrarsi sull'isola al centro del lago, e qui vi stipularono un patto: tutte le terre del westeros sarebbero andate in mano ai primi uomini tranne le foreste più profonde, in cambio gli alberi diga non sarebbero più stati abbattuti.
Ned si concesse qualche attimo di respiro poi decise che quella notte sarebbe andato al lago. Non avrebbe avuto altre occasioni per farlo.

Lyanna annunciò che sarebbe andata a dormire. 'Perfetto' pensò Ned. Il suo cavallo era legato al centro dell'accampamento, non sarebbe stato possibile farlo uscire senza destare sospetti. Percui decise di prenderne uno qualsiasi al limitare della foresta.

Strinse Bianco Artiglio nel fodero e partì al passo, poi al trotto e quando fu abbastanza lontano galoppò in direzione sud. Il vento gelido gli accarezzò il viso e gli si insinuò tra i capelli. Il paesaggio perdeva nitidezza all'aumentare della velocità: Harrenal, l'accampamento, le colline, perfino i fili d'erba. Ned fu costretto a fidarsi dell'istinto per seguire la giusta strada.

Capì di aver raggiunto il lago mezz'ora dopo, quando vide la luna sguazzare sulla superficie dell'acqua. Allora rallentò e smontò a venti metri dal lago, nel mezzo della foresta. L'acqua era piatta nonostante la brezza, e nera, nera come i corvi sulla Barriera. Ned si sfilò i guanti e immerse le mani nel lago. Immediatamente il gelo pervase la sua carne, le sue ossa ed il suo sangue. Si sentì bruciare dal freddo. Il dolore era lancinante ma provava gioia in quella sofferenza. Non si fermò a quel punto.

Estrasse le mani, di un colorito blu, e le adoperò come meglio il freddo gli consentì per levarsi le vesti. La pelliccia, la tunica, i pantaloni. Abbandonò con riluttanza la sua spada e cominciò ad avanzare verso il lago. A contatto con l'acqua gelida perse il controllo di se stesso. Non era più in grado di controllare la sua mente, le sue gambe, che lo portavano inesorabilmente avanti, attratte da una presenza mistica al di la del lago, sull'isola. Ned si ritrovò con l'acqua al collo, al mento, fino a riempirgli la bocca. Ma non poteva fermarsi. Il suo corpo era un inferno, un inferno silente. Il lago lo inghiottì completamente, ma lui continuava a camminare. Si, a camminare, proprio dove l'ossigeno dentro i suoi polmoni lo avrebbe dovuto riportare a galla. Ma ne aveva ancora di ossigeno in corpo? Le sue lacrime si unirono alla corrente del lago. Avrebbe più rivisto suo padre? E i suoi fratelli? Grande Inverno era ormai un'immagine sfocata. Pregò in silenzio, mentre la vista gli si annebbiava.

Poi sentì qualcosa afferrarlo sotto le ascelle. 'Oh no! Vi prego, lasciatemi morire in pace, sono pronto!'
Improvvisamente si ritrovò disteso supino tra le foglie, coperto dalla sua pelliccia. Ned non fu mai così felice di vedere il faccione peloso del grande Jon. "Ma che cazzo ti è saltato in mente?! Mi hai fatto prendere un colpo! Accidenti a voi Stark e alla vostra mania per il freddo!"
[Modificato da Raeppen Blackfire 11/01/2015 14:08]





Eddard Stark
Principe del Nord
Ufficiale dorato



Nella quarta partita: Benjen Stark dei Guardiani della Notte
12/01/2015 18:53
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 8
Registrato il: 06/01/2015
Età: 28
Sesso: Maschile
Paggio
Lord Howland Reed - L'Eredità
In partenza da Torre delle Acque Grigie per Grande Inverno


Lord Howland Reed della Torre delle Acque Grigie, vassallo fedele della casa Stark. Questa era la sua firma, il nome che volava sui corvi che portavano i suoi messaggi. Fermandosi al nome ed ai titoli si potrebbe dire un qualsiasi lord del Nord; la medesima opinione ce la si poteva fare osservandolo. Modi per lo più barbari, aspetto non trasandato ma decisamente sporco, grande bevitore e sfrontatezza che maschera in realtà il suo nordico coraggio.
Per molti Howland è proprio ciò che sembra: un rozzo uomo del nord. Era difficile farsene un'idea differente, lui non ne dava spesso possibilità: continuava a comportarsi da barbaro ad oltranza. Pochi conoscevano la sua vera natura e queste persone erano Eddard Stark e, soprattutto, Rickard Stark, signore di Grande Inverno e Protettore del Nord dei sette regni.
Lord Reed possedeva un'immensa, incalcolabile eredità. Ciò che conosceva era la sua eredità e ciò che conosceva lo doveva alla storia della sua casata, alle origini e alle imprese di questa.

Le origini erano incerte, annebbiate da leggende improbabili anche se un abile osservatore avrebbe potuto trovare qualche indizio che le poteva sostenere. I Reed, leggenda o meno, erano discendenti dei Figli della Foresta. Il primo indizio era l'aspetto dei Crannogmen, gli Uomini-Rana, il fisico minuto e la bassa statura li distingueva nettamente dagli altri uomini del Nord, caratteristica che ricorda invece i primordiali abitanti del westeros. Secondo indizio il loro adattamento alla vita nella paludi, frutto di un'innata capacità di adattamento e simbiosi con la Natura. E terzo la magia. I Reed non erano stregoni, ciò nonostante la loro dimora era introvabile e capace di cambiare posizione, magia? Magari la Torre errante no. Ma lord Howland conosceva i segreti dei Figli della Foresta, pur non essendo in grado di compiere incantesimi sapeva riconoscerne le formulazioni ed i simboli, come i volti degli alberi diga, ma soprattutto gli erano stati tramandati i loro metodi di combattimento, non per fronteggiare i Primi Uomini, ma per sconfiggere gli Estranei.

Le imprese della casata Reed erano poco note ai Maestri sebbene alcune fossero memorabili (a detta di Howland Reed) come la difesa del Nord dall'invasione degli Andali accanto agli Stark, altre meno come la guerra contro casa Marsch per il controllo dell'incollatura.
Non erano queste imprese, tuttavia, che contribuivano all'ammontare della eredità di Howland, il maggior merito della sua famiglia era l'abilità, da lui appresa, nel governare e ciò non era discutibile come gli epici racconti degli Uomini-Rana. L'incollatura presentava non poche difficoltà; non bastava un lord generico per controllarla, serviva il talento dei Reed, un talento non innato ma tramandato.
L'incollatura era la porta del Nord, una terra quindi di passaggio e di guerra; da lì partivano la maggior parte della guerre degli Stark e lì, quindi, bisognava provvedere all'approvvigionamento e all'alloggio di eserciti spesso imponenti che raggruppavano tutte le casate del Nord. Il lord di Torre delle Acque Grigie doveva essere in grado di adempiere a questi non facili doveri, conciliando l'aspetto economico di provvedere a tetti, provviste e prestiti ma anche l'aspetto umano di conciliare diversi popoli tenuti insieme dalla forza degli Stark ma comunque inclini a risse, sbronze e violenza.
Ancor più ostica era la situazione contraria: l'incollatura era la prima terra, ovviamente, ad essere invasa dagli eserciti provenienti dal Sud. Lì, quindi, si contavano le maggiori perdite di uomini, le peggiori razzie e i danni materiali più importanti. In questo caso il lord doveva essere in grado di reperire i fondi per la ricostruzione, ma ciò non era sufficiente se il riassesto economico/materiale non era supportato dalla forza di volontà, di riscatto, di rialzare la testa del popolo. Era questa l'abilità dei Reed, conquistare la fiducia e la stima del popolo. La casata era sempre stato in grado di risollevarsi, il loro stemma assomiglia ad un coccodrillo, ma è una lucertola-leone capace di rigenerare gli arti persi, un simbolo più che azzeccato.
Come ci riuscissero rimane, ovviamente, un segreto, ma l'abilità di Howland Reed era al servizio degli Stark, parte del segreto erano loro, che in ogni occasione sostennero la sua casa e ricevendo in cambio un cieco asservimento ed una fiducia incrollabile.

Ecco perché Rickard aveva bisogno di lord Reed, ecco perché Stark poteva contare sul lord delle Acque Grigie. La minaccia giungeva ora da nord della barriera, servivano sia le conoscenze che le capacità del giovane lord. Certamente, però, bisognava saziarne l'abissale appetito e l'insaziabile sete e sopportarne le maniere, i racconti più o meno fantasiosi e, soprattutto, il cattivo odore.

Se c'era bisogno di lui era sicuramente per qualcosa di importante, per questo sapeva di dover stare lontano da casa per un periodo più o meno lungo. A Reed non dispiaceva passare del tempo lontano dalla palude. Grande Inverno era decisamente più viva ed affascinante della Torre delle Acque Grigie. Inoltre la birra era più buona.



Lord Howland Reed della Torre delle Acque Grigie

12/01/2015 22:43
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 27
Registrato il: 26/11/2014
Età: 30
Sesso: Femminile
Scudiero
Lysa Tully - La notte porta... ricordi
Accampamento Tully, Harrenhal 281 AC, la notte prima del processo


Alcuni pallidi raggi di luna filtravano attraverso sottili spiragli lasciati dal lembo del pesante tessuto blu oltremare. Questo non cadeva perfettamente a coprire quello che, quando faceva caldo, era il lato del padiglione che era possibile aprire per lasciar respirare chi vi stava all’interno.
Fuori si potevano udire soltanto i passi delle guardie che facevano la ronda notturna attorno alla tenda, inequivocabile segnale di avvertimento per chiunque avesse in mente di voler penetrare negli alloggi delle giovani figlie di Lord Hoster.
Poco distante da lei, la sorella Catelyn dormiva, immersa in un sonno profondo.

Lysa non ricordava la causa che l’aveva fatta destare dal suo riposo.
Se fosse stato uno starnuto di una guardia o il freddo penetrato sotto le lenzuola non lo avrebbe saputo dire.
Sapeva invece che ora non riusciva più a riprendere sonno, tanti erano i pensieri che presto le avevano affollato la mente e che lei cercava di respingere.
Continuò a rigirarsi nel letto per diverse volte finché decise di arrendersi a questa muta battaglia. Si mise a sedere, stando attenda a non creare rumori che potessero svegliare la sorella.

Era davvero capitato tutto quello che era accaduto negli ultimi giorni? Stentava a credere che simili cose potessero realmente accadere, specie in un momento di pace e festa per tutto il Regno. Si stiracchiò appena, in modo da destare il corpo dal torpore che le aveva causato il sonno.

L’assalì un brivido di freddo, anche se ipotizzò che non fosse realmente quello a farla rabbrividire.
Lentamente cercò con la punta delle dita del piede le pantofoline azzurre ricamante che aveva lasciato accanto al letto prima di andare a dormire. Non riusciva a trovarle. Sentiva invece solo il morbido tessuto del tappeto proveniente dalle Città Libere, probabilmente quella di Myr, che ora le accarezzava la pianta del piede.
Myr, come tutte le città oltre il mare era un luogo di cui la giovane Tully aveva solo potuto seguire i contorni con le dita nelle mappe di suo padre. Nulla conosceva di quelle terre lontane a parte qualche aneddoto che si era fatta raccontare dalla servetta Shila, proveniente da quei luoghi.
Riuscì finalmente nel suo intento e si alzò in piedi. La sua camicia da notte strusciò contro la pelle, creando quel tenue suono vellutato che è solito fare la seta.

Gli ultimi avvenimenti non erano i soli a riempire i pensieri della giovane.
Accanto a ciò che era capitato alla sfortunata Alannys Greyjoy c’era un piccolo frammento di ricordo, un ricordo tutto per sua madre.
Cosa sapeva realmente di quella dolcissima donna che aveva riempito le giornate della sua infanzia di tenere coccole e soffici baci sulle guance?

Se c’era una cosa che Lysa ricordava era sicuramente il suo profumo.
Lo stesso profumo che ora si faceva preparare, preso dall’essenza di particolari fiori che crescono in alcune zone poco esplorate delle vaste Terre dei Fiumi.
Shila le aveva raccontato che la memoria degli odori è diversa da quella della vista e dei suoni. I ricordi visivi sbiadivano con il tempo nella mente, così come le persone a poco a poco perdevano le loro parole, proprio come se qualcuno le rubasse lentamente sino a farle sparire del tutto.
L’olfatto però, le diceva sempre l’ancella, conserva il ricordo e lo fa ritornare alla mente ogni qual volta che si sente di nuovo quel preciso profumo.
E quello che prima apparteneva a sua madre ora apparteneva a lei, come gliel’avesse dato in eredità. Come se sulla boccetta di vetro di cui ora si poteva scorgere solo un lieve riflesso dal tavolino della toeletta avesse su scritto “Ricordami”.

Si spostò verso quella direzione per toccare l'ampolla.
E proprio mentre lo raggiungeva la immaginò, sua madre Minisa, mentre camminava con passi eleganti sul freddo pavimento di ardesia della Sala dei Cento Focolari.
Immaginò lei e suo padre danzare al suono di alcuni strumenti musicali. Felici solo perché erano assieme.
Si trattava di un ricordo o di una perfetta costruzione della sua mente? Anche questa domanda non aveva una risposta per lei. Non aveva però ricordi di essere mai stata ad Harrenhal.

Aveva forse dimenticato che la sua famiglia un tempo era stata davvero felice?
Suo padre non era certo l’uomo di prima.
Proprio così. Nella famiglia Tully si era creato un altro muro, simile quasi alla Barriera che teneva fuori l’inverno. Quel muro aveva preso il nome di “prima”: prima della morte di sua madre.

Lysa percepì l’immediata necessità di creare un filo che la facesse sentire vicina alla sua famiglia. E intendeva al completo.
Sebbene fosse piena notte decise che era il momento di scrivere.

S’infilò in un’elegante sopravveste da notte e pregando i Sette Dei che i soldati l’ascoltassero, fece capolino dall’entrata della tenda.

Chiamò una guardia, che immediatamente corse verso quella piccola figura che poteva sembrare quasi un fantasma se non fosse per la folta chioma di capelli ramati che la luna aveva illuminato.
“Conducetemi nel padiglione centrale” sussurrò, cercando di mantenere un tono autoritario.
Il soldato sulle prime non sapeva esattamente cosa rispondere. “Mia Lady... vostro padre.. Lord Hoster... ha severamente proibito di permettere che ci fosse anche il benchè minimo movimento attorno alla vostra tenda…”.
“Smettetela”
lo zittì la fanciulla. “Si tratta di una questione urgente”.
Ci volle un po’ a convincere le guardie, poiché intanto ne era sopraggiunta una seconda, a ubbidire all’ordine.
Non appena Lysa riuscì a far leva sul loro cuore sensibile, ovvero minacciare loro che se non l'avessero accompagnata ci sarebbe andata da sola sgattaiolando nel buio, s’incamminò a piccoli passi verso il padiglione principale.

Il padiglione e gli alloggi personali delle due lady erano le uniche due tende a essere esteriormente, e interiormente, sfarzose. In quel momento lo si poteva notare grazie all’argentea luce lunare, che rifletteva i suntuosi ricami che adornavano quelle precise tende.
La prima perché doveva garantire alla Casa Tully un degno luogo dove i membri della famiglia potessero ricevere i tanti invitati di alto lignaggio presenti al Torneo, mentre la seconda perché Lord Hoster, se per se stesso aveva riservato un luogo semplice dove alloggiare, per le sue due figlie non aveva certo badato a spese.

Entrò silenziosamente, sentendo le guardie che si disponevano davanti all’entrata, impaurite solo all’idea di veder comparire Lord Hoster da un momento all’altro.
Accertandosi che suo padre, che era solito rimanere sveglio la notte prima di qualche avvenimento importante, non fosse lì, la fanciulla si accomodò al piccolo scrittoio da viaggio posto in un angolo della tenda.
Era il vecchio scrittoio di Lord Hoster, proprio quello che lo aveva accompagnato durante tutti i viaggi compiuti nelle terre del Reame. Lo stesso dove aveva scritto lettere interminabili a sua madre mentre era lontano.
Lord Hoster non era mai stato un amante dei viaggi.
Diceva sempre di preferire Delta delle Acque, dove gli era possibile controllare le sue vaste terre di persona e dove il clima era perfetto per le sue ossa.
“Se andassi più spesso su al Nord ormai mi ritroverei con la schiena bloccata dai reumatismi e più vecchio di vent’anni!” soleva dire ogni volta che gli veniva data l’occasione di parlare di quanto amasse rimanere nelle sue terre, o ancora: “Se mi chiamassero continuamente più a Sud di certo tornerei a casa più simile alla cacciagione arrostita che giace sulle nostre tavole che all’uomo che vedete ora dinanzi a voi, basta solo che la vecchia cuoca Mae mi cosparga della sua salsa alla frutta che tanto ama aggiungere ovunque e sarei proprio irriconoscibile!”. Alcune volte il Lord suo padre sapeva veramente far ridere chi gli stava attorno. Da quando sua madre era mancata quelle volte si erano fatte sempre più rare.

Lui e la sua mania di voler sempre rimanere a casa per controllare anche quanti volatili si posano sui tetti di Delta delle Acque pensò Lysa, sforzandosi di cercare tra i suoi ricordi di bambina le occasioni che avevano visto come protagonista suo padre intento sempre a trovare un motivo per rimanere a casa con sua moglie e la sua famiglia.

Le poche volte però il dovere chiamava, egli non esitava a preparare l’occorrente per il viaggio e partire.
E quel vecchio tavolino era immancabile, il suo mobile da viaggio preferito. Il necessario per scrivere ai propri cari e agli altri Lord del Regno.
Poteva considerarsi ormai un pezzo di antiquariato da quanto mostrava i segni del tempo, resi più visibili sicuramente dal continuo uso e dai numerosi spostamenti. Ormai la superficie era scalfita, graffiata, macchiata e il legno, di una pregiata specie proveniente dai boschi del Nord, in alcune parti aveva preso umidità e si era ingrossato creando delle onde sul piano di lavoro.

Lo scrittoio giaceva in un angolo della tenda e Lysa per scrivere non poteva certo affidarsi alla luce lunare. Dovette perciò accendere una candela in modo tale da poter illuminare adeguatamente la pergamena. Si tirò su i capelli in una treccia, per rendere più semplice il lavoro.
Raccolse la penna che giaceva sul piano e la intinse nell’inchiostro, quello speciale inchiostro dalle sfumature simili al colore delle profondità del mare che le aveva regalato suo padre, poiché sapeva che la giovane amava tenere una consistente corrispondenza.

Si accinse a scrivere:

Lettera a Edmure Tully di Delta delle Acque

Adorato fratello,
presto il Torneo sta per terminare e potremo così ricongiungerci e gioire assieme.
So che fra pochi giorni avrei potuto tranquillamente narrarti tutte le nostre avventure direttamente a voce ma oserei scommettere che ti saresti lamentato per non aver ricevuto mai, durante tutto il periodo del Torneo, una mia missiva.

Troveresti sicuramente il modo per rinfacciarmi questa mia mancanza fino alla nostra vecchiaia. E stai pure certo che io non voglio darti questa soddisfazione.

Se sapessi, caro Edmure, quante cose ci sono accadute!
Ringrazio intanto di cuore che il Lord nostro padre ci abbia permesso di accompagnarlo al Torneo, concedendoci quindi estrema fiducia.
E lo ringrazio anche perché è stata per me un’occasione di crescita, oltre che una stupenda possibilità di conoscere illustri personaggi.

Ho avuto la possibilità di stringere una magnifica amicizia con una delle giovani più graziose che io abbia mai visto, Lyanna Stark, che sia per me che per Catelyn è diventata un’autentica amica e confidente.
Se però molti avvenimenti mi riempiono il cuore di piacevoli ricordi, altri non possono non gettare un’ombra scura sui miei pensieri.
Avrei voluto tu fossi qui, come Eddard Stark per sua sorella. Tu, che sei per me una figura così rassicurante, lo stesso fratello al quale mi aggrappavo quando da piccola non volevo salire le scale al buio da sola per andare di sopra nelle nostre camere a dormire.
Mi sei molto mancato.

Quello che poi è accaduto alla moglie di Balon Greyjoy mi ha rubato il sonno per molto tempo da quando è avvenuto il fatto.
Ti confesso che in alcuni momenti mi spaventa stare da sola ora. E così è spaventato anche nostro padre, sebbene abbia tentato di nasconderlo.

Non è però di questo che volevo scriverti.
Ho pensato molto alla mamma in questi giorni qui ad Harrenhal.
Come se potessi da un momento all’altro vederla entrare addirittura in questa tenda per salutarmi.

Venendo al tavolino da scrittura per corrispondere con te ho ripensato a come eravamo soliti aggrapparci alla sua gonna quando eravamo piccoli, quando i nostri passi erano ancora incerti.
Ciò che adesso mi fa sorridere è però il vestito della mamma.
Ricordo solo ora i tanti momenti in cui diceva che nonostante avesse accettato perfettamente il matrimonio con il nostro caro padre, poiché lo amava, il suo colore restava in ogni caso il giallo della sua Casata e non i colori di Casa Tully.
Che donna orgogliosa che doveva essere, e quanto doveva amarla il Lord nostro padre.
Vorrei abbracciati, caro Edmure, e chiederti se potremo anche noi un giorno gioire per le famiglie che costruiremo un giorno.

Fratello mio, vorrei rimanere più a lungo a scriverti ma è piena notte e alle guardie fra un po' verrà un attacco di cuore. Scambierebbero il volo di un colombo per il Lord nostro padre da quanto hanno paura di vederselo capitare davanti alla tenda mentre mi aspettano.
Tlascio quindi i particolari per una nostra futura passeggiata tra gli alberi del parco degli Dei. Avremo così modo di parlare per ore su ciò che è stato.
Ti saluto e ti bacio, da sorella a fratello.
Con immenso affetto, Lysa


“Presto, trovate immediatamente un dannato corvo che porti questa mia lettera a Delta delle Acque” disse la fanciulla.
La prima guardia, con il cuore ormai in gola, scappò alla ricerca del volatile mentre la seconda scortò la giovane nei suoi alloggi.

Erano due figure che concedevano alla luna di godere, anche se per poco, della loro compagnia, ancora inconsapevoli di ciò che avrebbe riservato l'indomani.
Quando il sole sarebbe sorto avrebbe cominciato un nuovo giorno. Avrebbe avuto inizio il processo.


Lysa Tully di Delta delle Acque, secondogenita figlia di Lord Hoster Tully di Delta delle Acque

14/01/2015 18:38
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 277
Registrato il: 20/06/2014
Sesso: Maschile
Membro del Concilio
Lord Feudatario
Runestone - Parte III


Valle di Arryn, anno 247 c.a.



“Onore è il sentire violata la propria dignità umana dinanzi a un'ingiustizia grave, è il seguire dei comportamenti indipendentemente dai vantaggi e dagli svantaggi, è agire per difendere ciò che merita di essere difeso, che la cosa sia nel mio interesse o no. Milady, se provassi rabbia soltanto per ciò che mi tocca da vicino, che differenza ci sarebbe fra me e l’ultimo dei miei sudditi? L’Onore degli Arryn vola alto sulla Valle, scruta dabbasso e ruggisce di rabbia per i torti subiti da ognuno dei nostri sudditi. Un torto fatto al più misero dei miei contadini, è la più grave delle offese fatta a me. Questa è la misura del mio onore, Milady. La risposta vi soddisfa?”

Tutto era cominciato così.
Quel giorno, a Runestone, la risposta che Jon aveva dato alla sua domanda doveva aver davvero soddisfatto Jeyne, perché quelle poche parole avevano segnato l’inizio di un miracolo che l’uomo non avrebbe mai creduto possibile.
A Jon sarebbe venuto spontaneo utilizzare la parola “amore”, perché non riusciva a trovare un altro vocabolo che potesse soddisfare l’esigenza dei sentimenti che aveva via via provato nel corso degli ultimi dodici mesi. Certamente l’avvenenza irruenta e appassionata di Jeyne, seppur così distante dai suoi canoni, lo aveva colpito, ma da parte di Jon era cresciuto nei confronti della donna soprattutto un sentimento di natura più squisitamente spirituale, una sorta di affinità elettiva, un’attrazione della sua anima verso quella della lady di Runestone.
Come quando capita di incontrare una persona, la si conosce giorno dopo giorno nelle sue quotidiane attività, si condividono con lei i propri pensieri e si scambiamo proficuamente i reciproci punti di vista. E così facendo, si impara ad apprezzarla, ad ammirarla, e si bene con lei, e il tempo passato con lei sembra sempre troppo breve, e non sembrano sprecati neanche quei momenti passati in silenzio, se in sua compagnia. Ecco, questo era lo stato d’animo di Jon quando si trovava vicino a Jeyne.
Era la prima volta che Jon provava qualcosa di simile per una donna. Prima di allora aveva provato quel sentimento misto di affetto fraterno e di stima per alcuni dei Cavalieri della Valle, i suoi migliori amici. Ma no, stavolta c’era di più, non poteva essere semplice amicizia.
Quando Jon si svegliava il primo pensiero volava a lei, vedeva lei davanti a lui ogni volta che chiudeva gli occhi. Avrebbe voluto stare sempre accanto a lei, sarebbe stato ad ascoltarla ininterrottamente per ore e ore senza stancarsi mai, il suo volto era l’unica opera d’arte che non avrebbe mai smesso di contemplare.
No, parlare di amicizia era… riduttivo.
Era amore, senza dubbio. Jon la amava. Solo che era un amore del tutto scevro da quella passione dei sensi che gli uomini chiamano desiderio. Jon non aveva mai provato desiderio di lei. Non nel senso più comune, almeno. Non era nel suo corpo la ragione dei sentimenti che provava. La trovava una bellissima donna, affascinante nella sua semplicità, fine ed educata, eppure forte e volitiva, discreta ma coerente nelle sue idee e senza alcun timore di esporle. Ma il suo corpo non aveva mai vibrato per lei, era la sua anima a vibrare. Fosse stata anche la più brutta fra le creature, Jon credeva che l’avrebbe amata ugualmente e con la medesima intensità.
Si sposarono, e a Jon la vita sembrò assumere dei colori diversi.
Il cielo non era più intensamente blu, i profumi della Valle più forti e gradevoli, l’aria sapeva di buono. Aveva sempre vissuto il matrimonio come un obbligo, e si rivelò una benedizione.
Innumerevoli furono le giornate che Jon e Jeyne passarono distesi sull’erba a bearsi delle docili carezze del vento, quante furono le petulanti domande che la bocca curiosa del giovane Lord le rivolse, e quale impagabile maestra Jeyne fu per lui! Ricordava ancora con estrema tenerezza i giorni in cui, stretta a lui, lo deliziava con i suoi gridolini impauriti mentre, liberi dei loro titoli, delle loro responsabilità e dei loro pensieri, cavalcavano al tramonto. Quella sua espressione mista di eccitazione e di paura era incantevole. Come erano melodiose le sue risatine quando impacciato Jon tentava di imparare a nuotare, impedito da quella paura dell’acqua alta che non era mai riuscito a vincere. Restavano stampati nella sua mente i timidi sorrisi di lei mentre arrossendo si regalavano l’un l’altro le parole più dolci. La notte era la cosa più soave addormentarsi l’uno di fianco all’altra abbracciati come due bambini. Erano uniti nell’anima e nel corpo, senza vergogna e senza peccato.

Presto Jeyne era rimasta incinta.
Per Jon diventare padre era qualcosa di… troppo grande. Non riusciva a capacitarsi di come avrebbe reagito, di cosa avrebbe fatto, di cosa avrebbe detto.
Era un mistero imperscrutabile, qualcosa di assoluto, di enorme. Le parole non potevano cogliere l’intensità del suo stato d’animo. La paura mista alla speranza e alla felicità.

“Sarai un padre meraviglioso, Jon. Così come sei il marito migliore che potessi desiderare. Sapere che porto in me una parte di te… Oh Jon, cosa può sperare di più una donna che ama e che è riamata in egual maniera! Mi sento come se fossi una farfalla che sta per uscire dal bozzolo, sento il mio corpo che cambia insieme alla mia anima… Amore mio, sono così felice di vivere questo momento insieme a te.”

Era il momento più bello della sua vita.
Jon si sentiva benedetto. Sì, loro erano stati benedetti dagli Dei.
Ma non sarebbe durato a lungo.
Già verso l’ottavo mese di gravidanza, Jeyne cominciò a manifestare i primi sintomi che qualcosa non andava. Nonostante tutte le rassicurazioni dei Maestri, la donna portava sul suo volto i segni eloquenti di una sofferenza che si faceva via via più acuta. I capelli rossi come il fuoco sembravano avere perso la loro vivace tonalità, gli occhi che fino a pochi mesi prima sfavillavano di giovanile ardore, s’erano fatti ora fievoli e timidamente pallidi.

“Sei sempre la cosa più bella che mi sia capitata, Jeyne, ed io ti amerò per sempre. Andrà tutto bene, e saremo felici come non lo siamo mai stati.”

Jon cercava di rassicurarla, di proteggerla dai suoi pensieri, dalle sue ansie.
Ma vedeva che lei a queste parole non poteva trattenere le lacrime.
Solo quando il destino gliela strappò dalle mani, solo quando fu morta, Jon si rese conto di quanto strenuamente ella avesse lottato per mostrarsi forte, per reprimere la sua consapevolezza che non ce l’avrebbe fatta. Che la loro storia sarebbe finita nel dolore e nel sangue.
Jon vide la gioia della sua vita spegnersi lentamente davanti ai suoi occhi.
La crudeltà, la devastazione, il freddo, la paura di quel momento lo segnarono per tutta la vita.
Nella sua mente non avrebbero mai smesso di risuonare le grida di Jeyne, dai suoi occhi non avrebbe mai cancellato l’immagine di quel volto contratto e sofferente, quelle lenzuola insanguinate, il piccolo corpicino nudo ed emaciato della sua bambina nata morta…
Gli Dei lo avevano privato persino dell’ultimo addio a sua moglie. L’avevano portata via da lui nella sofferenza, senza conforto, senza calore, senza amore. Sola nel suo dolore.

Jon maledisse i Sette. Uno per uno.
Li maledisse perché erano crudeli e meschini, invidiosi degli esseri umani e della loro capacità di amare senza riserve né confini.
Maledisse il giorno della sua nascita, maledisse il Nido e la Valle tutta, maledisse il suo destino che lo aveva portato a vivere quell’incubo dal quale non riusciva a ridestarsi.
Ogni giorno apriva gli occhi sperando di avere sognato, sperando che fosse tutto nella sua mente.
Ogni giorno riviveva invece quel dolore, quella perdita, quella dannazione.
Perché non morire piuttosto che soffrire giorno e notte in quella tortura vivente?
Che vita c’era, senza Jeyne?
Qual era la gioia, nel non averla accanto? Anche immaginandola a lui accanto, il ricordo presto si riempiva di sangue, e di urla, e di dolore, e di morte.
Non poteva trovare conforto neanche in quello, nel ricordo della loro felicità.

In poco più di un anno Jon aveva perso il padre e l’amore della sua vita.
Cosa gli restava, allora?
Nell’oscurità della notte, lo sguardo fisso nel vuoto, seduto al tavolo del suo studio rischiarato dalla luce di una candela consunta per metà, Jon respirava. Ma non c’era vita nel suo respiro.
Passava e ripassava il palmo della sua mano destra sulla fiammella della candela, così che la carne aveva ormai cominciato a spaccarsi e aprirsi in nere voragini bruciacchiate, e sul candeliere cominciava a mischiarsi cera sciolta mista a gocce di sangue.
Era ancora vivo, sì, il dolore lo testimoniava. Che strano scherzo del destino.
Vivere quando si desidera morire, e morire quando non si spera altro che di poter vivere.
Un’altra ora. Un altro giorno.
Avrebbe sacrificato tutto per un altro giorno con Jeyne. Le sue ricchezze, il suo potere, la sua terra.
Solo un altro giorno.
Doveva esserci nel mondo un Maestro capace di salvarla. Doveva esserci. Un altro giorno e lo avrebbe trovato. Sì, l’avrebbe trovata.

Oh Dei, perché me l’avete tolta così presto?

I giorni passavano, l’agonia di Jon no.
In piedi di fronte alla lapide della moglie e della figlia, l’uomo non riusciva a rassegnarsi alla speranza di riuscire infine a svegliarsi da un brutto incubo.
La pioggia batteva forte ticchettando sul corpo di Jon, ma il suo cuore batteva più forte.
L’amava ancora. L’amava più che mai. Le amava più che mai.
Sua moglie e sua figlia.
Com’era possibile? Com’era possibile che quell’amore non finisse, ma anzi si intensificasse dopo la morte?

“Jeyne… io non ce la faccio… non posso… non posso…”

Jon finì in ginocchio, con il viso nelle mani.

“Perché gli Dei ci hanno fatto questo? Li abbiamo sempre serviti, li abbiamo sempre onorati. Le nostre famiglie hanno fatto dei più alti valori e ideali la propria bandiera. Perché benedirci un giorno per maledirci l’altro? Come posso vivere in un mondo che non ha e che non dà risposte? Che senso c’è in una vita senza di voi?”

Non c’era senso.
Non ci sarebbe mai stato.
Agli occhi di un mondo infinito e sterminato nelle sue possibilità, l’amore che Jon provava per sua moglie e per sua figlia ormai morte era poco più un granello di sabbia perso in un deserto di immensità. Un granello piccolo, fragile, invisibile, che pretendeva di assurgere ad una dimensione, quella dell’assoluto, che non gli competeva.
Quel giorno, chinato e spezzato di fronte alla tomba delle uniche cose che avevano per lui un valore nella vita, Jon non comprese che c’era un solo modo per ribellarsi al destino miserevole degli esseri umani, povere lacrime di dolore perdute in un oceano di indifferenza.
Ma presto avrebbe compreso.
Presto avrebbe compreso che nell’impari lotta dell’uomo contro un destino avverso e caotico l’unico conforto poteva trovarsi in una dignitosa pietà. Nell’empatia e nella solidarietà di uomini spezzati e addolorati verso coloro che hanno patito le stesse disgrazie.
Nella volontà di coloro che sono più fortunati di alleviare le sofferenze di chi lo è meno.
Nell’abbraccio comune degli esseri umani che tentano, scaldandosi vicendevolmente, di sottrarsi al gelo di un mondo privo di senso.
Presto avrebbe compreso.
Che anche quel dolore che provava e che sembrava dilaniarne le carni, gli era necessario per trasformarlo in ciò che il destino voleva per lui: un uomo che avrebbe vissuto per fare il bene degli altri.

Fine
[Modificato da Euron Occhiodicorvo 14/01/2015 19:50]

__________________________________________________



Rickard della Casa Stark, Signore di Grande Inverno, Lord Protettore del Nord.

L'inverno sta arrivando
15/01/2015 21:10
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 115
Registrato il: 11/06/2014
Età: 24
Sesso: Maschile
Maestro d'Armi
Eddard Stark 01 | Il torneo di Harrenal 03 | da una giostra all'altra
Ser Arthur Dayne, la spada dell'alba, impugnò saldamente la lancia da torneo e si abbassò la visiera con la mano dello scudo, bianco come tutto il resto. Il cavaliere candido e immacolato rese omaggio a Re Aerys puntando la lancia prima verso il cielo e poi verso colui per cui giostrava. Dall'altra parte il principe fece lo stesso, nella sua meravigliosa armatura raffigurante il drago a tre teste della sua casata. Il destriero del principe era un enorme stallone nero, bardato di strisce verticali rosse e nere, all'interno delle quali draghi di colore opposto spiccavano il volo. Il corsiero della guardia reale invece era un purosangue bianco, leggero e veloce.

Era una giornata perfetta per la quintana, il sole splendeva nel cielo terso e la brezza del mare dava frescura all'ambiente e soprattutto ai cavalieri, imbottiti di protezioni. Gli spalti erano gremiti di gente proveniente da tutto il continente occidentale. La parte centrale era riservata alle principali casate: Targaryen, Lannister, Baratheon, Tully, Arryn, Tyrell, Greyjoy, Martell e Stark. In quest'ultima sedeva il quindicenne Eddard Stark, che il padre Rickard aveva acconsentito di portare al torneo, essendo ormai un uomo fatto. Attendeva con trepidazione di sapere chi sarebbe stato il vincitore del torneo di Lannisport, indetto in onore della nascita di Viserys Targaryen, fratello minore di Rhaegar. Il principe d'argento era partito come sfavorito all'inizio del torneo, ma dopo aver battuto Tygett e Gerion Lannister e in semifinale Ser Barristan il valoroso, il pubblico era tutto dalla sua parte.

I finalisti partirono al galoppo levando nubi di polvere. Gli ottanta metri che li separavano furono bruciati in un batter d'occhio, ma la violenza con cui si scontrarono servì solo a spezzare entrambe le lance contro i rispettivi scudi. Solo dopo molte lance e parecchie ammaccature arrivò il momento della verità. Anche il pubblico sapeva che non ci sarebbe stato un altro scontro, Ned lo sentiva nell'aria. Il drago scattò come un fulmine e arrivò come una tempesta sull'avversario. Ma Ser Arthur si aspettava una mossa impetuosa e gli bastò spostare la lancia all'ultimo momento per centrare il drago a tre teste sul pettorale del principe. Rhaegar cadde nella polvere e Ser Arthur fu proclamato vincitore.

Ned era sicuro che qualche ragazza stesse piangendo in quel momento. Lui invece era tutto eccitato, come un bambino con i suoi balocchi. Sapeva che un giorno avrebbe giostrato anche lui.

Quel giorno arrivò cinque anni più tardi, al torneo di Harrenal. La posta in palio era tre volte tanto quella del torneo di Lannisport, e ciò basta per capirne l'importanza e quanti cavalieri avrebbe attirato a se. La giostra era l'ultima delle discipline e anche la più rinomata. Il vincitore avrebbe inoltre incoronato la regina di amore e bellezza.

"Eddard della casata Stark scende in lizza contro Lord Ormund della casata Yronwood" annunciò una voce forte e squillante. 'Poteva andarmi peggio, ma anche meglio' Ned sapeva che Yronwood era un cavaliere esperto, e nel Dorne la lancia era l'arma principale di molti guerrieri. "Forza ragazzo, passami quella lancia e quello scudo" disse Ned rivolgendosi a un ragazzino portato con se da Grande Inverno per fargli da scudiero, che in realtà, non avendo Ned ancora ricevuto l'investitura a cavaliere, era un semplice stalliere.

La sua armatura era bianca e argento, sul pettorale era raffigurato il metalupo in salto della sua casata. Il destriro grigio era potente ma non molto veloce. Ned recitò una preghiera veloce, si abbassò la visiera e partì al galoppo mentre il suo avversario faceva lo stesso. Il primo scontro non sortì alcun effetto, anzi sì, l'ilarità del Re che al goffo tentativo di lord Ormund, rispose con risate stridule e beffeggi, inondando i sottostanti con una pioggia di saliva. Si riposizionarono agli estremi del campo e ripartirono, stavolta Ned fece finta di mirare all'elmo e non appena Ormund alzò lievemente lo scudo, penetrò le difese del suo avversario al di sotto di esso colpendolo con forza e facendolo ruzzolare per terra. Ned lasciò cadere il moncone della sua lancia ed esultò con il pugno alzato al cielo.

Arrivò al passo fino all'uscita dell'arena, smontò e ordinò al giovane una bacinella d'acqua. La vittoria in un primo momento lo aveva acceso di orgoglio e soddisfazione, ma era durato poco. 'Chi mai si ricorderà di me per aver vinto un solo scontro?' Pensò con amarezza. Intanto il primo turno stava volgendo al termine. Il suo amico Robert Baratheon aveva appena preso lezione da Rhaegar 'mannaggia a te Bob'.

"Ser Arthur Dayne, membro della guardia reale di Re Aerys Targaryen scende in lizza contro Eddard di casa Stark". 'Non ho mai sentito questo Eddard, ma mi dispiace per lui, prenderà una bella batosta dalla spada dell'alba... Cazzo! Sono io Eddard Stark! E sono contro la fottutissima spada dell'alba!' "Forza ragazzo aiutami e fai in fretta!" Ned si diresse verso il suo cavallo mentre il suo scudiero gli stava ancora allacciando il pettorale. Montò, si infilò l'elmo, ed entrò nell'arena. Per fortuna la maggior parte del pubblico stava acclamando Ser Arthur, e lo scudiero che saltellava per sistemare la sella di Ned con quest'ultimo che accidentalmente gli tirava una scudisciata sulla nuca fu uno spettacolo riservato a pochi.

Attraverso la fessura della sua celata Ned lanciò uno sguardo al cavaliere di fronte a lui, e vedendolo bianco e fiero sulla cavalcatura provò paura. 'O dei, come posso batterlo se lo temo?' Poi si ricordò delle parole di suo padre "sii forte quando sei debole, coraggioso quando sei terrorizzato e umile quando sei vincitore", che infusero in lui la forza di partire al galoppo, abbassare la lancia mirare allo scudo e alzare leggermente la traiettoria a pochi passi dalla spada dell'alba. Il colpo all'elmo risuonò in tutta l'arena, la lancia esplose in una miriade di schegge e il pubblico trattenne il fiato. Ser Arthur iniziò a scivolare lentamente verso il fondo del cavallo, ma quando sembrava sul punto di cedere si avvinghiò con tutte le sue forze al destriero e riuscì a rimanerne in groppa. Al secondo scontro non ci fu storia, la guardia reale doveva essere ancora frastornata dalla botta e Ned lo disarcionò colpendo con facilità al pettorale.

Ned non era mai stato così felice. Scese da cavallo e ripensando a '...umile quando sei vincitore' andò verso Ser Arthur e lo aiutò ad alzarsi "complimenti ser, se ripetessimo altre dieci volte lo scontro non ne vincerei uno" disse Ned sorridendo alla guardia reale "ti sei battuto bene, hai un grande futuro davanti a te figliolo" rispose l'altro.

Nella semifinale Ned venne disarcionato da Stannis Baratheon. Ma lui si sentiva comunque vittorioso per come erano andate le cose 'due dorniani' si ritrovo a pensare. Alla fine fu Ser Oswell Whent della guardia reale a risultare vincitore della giostra, battendo in finale Stannis. Il pubblico era in delirio, proprio il cavaliere di casa aveva vinto! A quel punto mancava solo da sciegluere la regina di amore e di bellezza. Ser Oswell si diresse verso il palco di casa Tully. "Catelyn o Lysa?" Domandò Ned a sua sorella Lyanna "Catelyn" rispose lei. E così era. La ragazza arrossì genuinamente e giustamente dopo che fu incoronata. 'Poco male' penso Ned 'anche se avessi vinto io la giostra la regina sarebbe stata la stessa.
[Modificato da Raeppen Blackfire 15/01/2015 21:12]





Eddard Stark
Principe del Nord
Ufficiale dorato



Nella quarta partita: Benjen Stark dei Guardiani della Notte
16/01/2015 23:24
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 39
Registrato il: 26/11/2014
Età: 30
Sesso: Femminile
Scudiero
Lysa Tully – In viaggio verso casa. L’eredità dei fiumi
Carovana Tully, Terre dei fiumi 281 AC


Il viaggio di ritorno per Delta delle Acque sembrava non avere fine.
Lysa ricordava invece che durante l’andata la carovana Tully si era mossa per raggiungere il Torneo in un tempo che le sembrava essere volato.

Aveva più volte spostato il tessuto che copriva la finestra della carrozza dal lato in cui era seduta per guardare indietro, in direzione di Harrenhal.
Le ultime scie di fumo lasciate dall’incendio si alzavano ancora nel cielo terso segnalando il punto dove sorge la fortezza, ormai non più visibile.
La carrozza sobbalzava continuamente, impedendole di prendere sonno.
Fortunatamente il clima era piacevole e la fanciulla poteva concedersi di passare il tempo godendo delle bellezze della sua patria.
Le Terre dei Fiumi erano incantevoli, proprio come si narra nelle ballate.
Enormi distese di verde si alternavano con specchi d’acqua limpidissima, i quali riflettevano i raggi solari, simili a enormi diamanti che rifrangevano la luce tutt’attorno e creavano giochi spettacolari.

Lord Whent si era da poco allontanato dalla carrozza, pensando che le due giovani avessero bisogno di riposo.
Forse tutti si sono convinti che una donna sia soggetta a svenimenti o scene isteriche durante momenti di maggiore tensione… immaginò Lysa alzando gli occhi al cielo.
Lei, sebbene fosse stata scossa dagli avvenimenti, non era certo precipitata in uno stato di ansia. Aveva semplicemente mantenuto la calma, proprio come suo padre. Era una caratteristica che aveva sicuramente preso da lui.
Era una Tully dopotutto, non una donna qualsiasi.

Mentre i suoi occhi azzurri erano immersi a osservare il paesaggio, confondendosi quasi con esso, la sua mente rimuginava la conversazione appena avuta con sua sorella e il nonno.
Il discorso di Catelyn, la quale aveva espresso con enfasi le sue impressioni su Harrenhal, fece fare a Lysa un tuffo nel passato.
Il panorama che aveva davanti cominciò a sbiadire lasciando il posto ai ricordi, che tornavano ad Harrenhal e non solo, anche a molto prima.

La fanciulla il mattino dopo il banchetto di apertura del Torneo si era fatta accompagnare in quella stanza, là dove tutto era cominciato per i suoi genitori.
Una stanza davvero semplice e piccola, aveva pensato, quando fu fatta entrare da una domestica nel luogo dove sua madre era solita passare ore in esercizi di cucito.
Due enormi poltrone di pelle troneggiavano nella stanza, facendola sembrare ancora più ristretta. Accanto ad esse, sopra dei tappeti dai motivi floreali, erano sistemati vari oggetti per il ricamo.
Sulla parete sinistra c’era un magnifico camino in pietra grigia che aspettava l’arrivo dell’inverno, forse ancora lontano.
Dentro era rimasto tutto come allora poiché Lord Whent, affezionato immensamente alla figlia, quando era ancora in vita l'aveva sempre tenuta come lei amava, in modo che ogni qual volta il genero avesse deciso di passare in visita con la moglie e la famiglia quella stanza sarebbe stata sempre pronta per lei.

Lysa si lasciò andare sulla poltrona dove un tempo sedeva sua madre. L’imbottitura, ormai vecchia e molto usata, aveva preso le forme tipiche di chi era rimasto lì molto tempo.
Si guardò attorno, cercando in quel luogo qualcosa di familiare.

Suo padre le aveva raccontato molto spesso del giorno in cui vide per la prima volta sua madre Minisa in quella stessa stanza, dopo essersi arreso alle infinite richieste di una Lysa ancora bambina all'epoca.
"Ancora una volta vi prego padre, ripetetemi la scena degli occhi scuri e della bocca, e dei capelli. E anche come il nonno vi lanciava brutte occhiate perché guardavate troppo la mamma!” era solita chiedere Lysa con la sua solita voce petulante tipica dei bambini che vogliono ottenere quello che desiderano.

La fanciulla sorrise ripensando a quella scena felice.
Guardò fuori dalla finestra per dare un’occhiata al panorama.
Le Terre dei Fiumi si perdevano nella Valle fino all’orizzonte.

E così è questo pezzo di mondo che hai osservato maggiormente prima di incontrare mio padre.

Chissà quanti voli di uccelli, tramonti o giorni di nebbia aveva visto sua madre oltre quei vetri. Chissà quante giornate di sole. Quanti desideri e segreti aveva detto a quelle terre da quel punto, seduta come ora era seduta Lysa in quel momento.
“Minisa…” La giovane sentì una voce maschile alle sue spalle.
Si girò di scatto, incuriosita da chi potesse essere colui che l’aveva confusa con la propria madre.

Vide suo padre, fermo sulla porta, che si stava portando una mano sul viso per coprirsi gli occhi, in modo da non vedere in controluce, poiché non gli permetteva di vedere distintamente la figura seduta sulla poltrona.

“No padre sono io, Lysa” gli disse la giovane osservando l’uomo che avanzava verso di lei.

“Sembravi tua madre, guardandoti così di sfuggita… Il suo corpo minuto, la vita stretta… Sembravi lei. Non mi aspettavo di trovarti qui”.
Lord Hoster aveva sul volto un’espressione incredula, rassegnata forse.
Lysa non sapeva decifrarla.

Si aspettava veramente di poter vedere mamma seduta in questa stanza?

Improvvisamente una buca sul percorso diede uno scossone alla carrozza e Lysa venne strappata dai suoi pensieri. Vide di nuovo le distese di erba che si perdevano in lontananza, i prati fioriti, i fiumi.
Si girò per guardare sua sorella.
Catelyn stava dormendo, completamente immersa in una montagna di cuscini per sfuggire ai contraccolpi che le ruote davano ogni volta che incontravano un ostacolo sul terreno.

Dolce Cat, sarai stremata dopo tutte queste emozioni.

In quel momento la carovana imboccò un percorso che costeggiava un fiume. Non si trattava di uno principali che attraversavano la Valle ma di un modesto corso d’acqua, poco più largo di una quindicina di piedi probabilmente.

Da quando sua madre era morta Lysa aveva avuto un rapporto particolare con i fiumi.
Spesso, dopo il fatto, lei e suo fratello Edmure si sedevano sulle enormi rocce che costeggiavano la Forca Rossa e rimanevano lì per ore.
Potevano osservare le nuvole che si rincorrevano in cielo o le trote che saltavano sopra il pelo dell’acqua. Tutto in perfetto silenzio, come se si fossero messi d’accordo nel seguire uno specifico rituale.
Era il loro modo per dialogare con Minisa.
Pochi si ricordavano che le tombe degli Uomini dei Fiumi non erano collocate in luoghi precisi come capitava per i Lord e le Lady di Grande Inverno o di altre nobili Case.
Chi era nato in quelle terre, una volta che la sua anima aveva lasciato il corpo, voleva che quest’ultimo tornasse nelle acque di quei luoghi.
Non vi era alcuna sepoltura, alcuna tomba su cui piangere, alcun luogo preciso dove sedersi a parlare con chi non c’era più.

Lysa era di nuovo immersa tra i ricordi del suo passato.

Vide, come se stesse accadendo ora, la bellissima imbarcazione dove era stata deposta sua madre il giorno del funerale.
Leggera ed elegante scivolava sulla superficie dell’acqua. Sembrava stesse addirittura affiancando la carovana, come se volesse superarla. La giovane sapeva che era solo frutto della sua immaginazione ma in quel momento voleva credere che fosse vero, per poterlo vivere con gli occhi di adulta e non con l'innocenza della bambina che era.

Fu suo padre a scagliare la freccia che incendiò la barca mentre si allontanava dai presenti, che con le lacrime agli occhi seguivano quel puntino ormai lontano.
Era molto piccola quando accadde, ma Lysa conservava ancora qualche breve ricordo di quel momento.
L’ultimo saluto a sua madre, ad esempio.
La donna giaceva distesa, vestita di un’elegante abito dorato della sua Casata natia sopra il quale era stato messo un ricco mantello da cerimonia blu e rosso, colori di Casa Tully.
Il suo volto era incorniciato dalla folta chioma di capelli corvini, ordinatamente lasciati cadere sopra le spalle.
Intorno erano state depositate numerose rose che emanavano un tenue profumo.

“Non si sveglia la mamma?” aveva chiesto Lysa mentre strattonava la veste di suo padre con insistenza. “Si perderà la festa”.
Cosa poteva sapere quella piccola bimba della morte? Lei aveva solo visto decine di persone vestite in modo elegante radunate tutte attorno…
A suo padre era venuto un groppo alla gola.
Come poteva dire alla sua bambina che la mamma non si sarebbe più svegliata?

“Prendetela in braccio, Lord Whent” aveva supplicato Lord Hoster a suo suocero prima di concedersi un ultimo momento per guardare sua moglie.

Lysa aprì gli occhi. Non si era nemmeno accorta di essersi addormentata nel frattempo.
Si rese conto che il gruppo cominciava a rallentare, segno che presto si sarebbero fermati per accamparsi.
Vide sua sorella svegliarsi e guardare fuori cosa stesse accadendo. Si scambiarono un sorriso.

Finalmente la carrozza si fermò e la fanciulla uscì, impaziente di fare qualche passo.
Mentre gli uomini e le donne al servizio di Casa Tully montavano il campo, la giovane cercò tra la folla suo padre, impaziente di scambiare con lui alcune parole.
[Modificato da Spettro7692 17/01/2015 09:23]


Lysa Tully di Delta delle Acque, secondogenita figlia di Lord Hoster Tully di Delta delle Acque

17/01/2015 14:06
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 963
Registrato il: 03/11/2008
Età: 29
Sesso: Maschile
Condottiero di Eserciti
Yronwood II

Lord Ormund Yronwood, era inginocchiato davanti all'altare dello Sconosciuto con il capo chino, le mani devotamente giunte in silenziosa preghiera. Aveva voluto visitare la cappella di Harrenhal un ultima volta prima della partenza. Non sapeva quando avrebbe avuto nuovamente il privilegio di poter onorare gli Dei in un luogo di così sublime bellezza. Sicuramente non in un prossimo futuro, forse addirittura mai più. Solo i Sette potevano saperlo.
Ormund pregava, pregava, pregava. Le mani giunte erano bianche, strette fra loro in una morsa d'acciaio, carica di infinite preoccupazioni. E dubbi.
Ormund pregava, continuava a pregare. Il salmodiare delle preghiere diventava sempre più rapido, sempre più intenso.
Ormund pregava, pregava perché era un momento difficile e aveva bisogno ora come non mai che gli Dei lo ascoltassero. Il collo, le spalle, le ginocchia, tutto in lui doleva, eppure continuava a pregare. Il salmodiare, basso, veloce, incessante non cessava.
Ormund pregava, pregava, pregava.


Era una notte d'estate, una calda estate dorniana. Ormund non aveva che tredici anni e si aggirava silente per i corridoi di Yronwood: la notte era il suo momento preferito per girare per il castello, quando non c'era nessuno in giro, nessuno degli orribili sgherri di suo padre o di quelle sue donne, e sopratutto non c'era in giro suo padre, troppo impegnato in chi sa quale attività peccaminosa.
Di notte per il castello non c'era quasi nessuno, solo le persone più buone e gentili, come alcune guardie cortesi o dolci servitori, a cui suo padre assegnava i turni di notte proprio perché così buoni e gentili. Il popolo di notte era tutto amico di Ormund, gli voleva bene e lui voleva bene a loro. Delle persone del giorno nessuna invece gli voleva bene. Solo sua madre, ma lei gli voleva bene anche di notte. Lei era speciale. La più buona di tutti. Proprio per lei stava andando, lì dove non sarebbe mai voluto andare, ma doveva andare. Doveva andare per lei, per sua madre. Doveva andare da suo padre. E dirgli di smettere di far piangere sua madre. L'aveva sentita anche quella sera, piangere da sola, nel buio mentre suo padre era altrove, con chi sa quale compagnia.
Perché Sette fate piangere la mamma? Perché? si era chiesto.Aiutatela Dei, vi prego aiutatela, aveva pregato.
Nessuna risposta. Poi aveva capito. Lui doveva aiutarla, era lui l'aiuto che gli Dei avevano mandato a sua madre. Era lui il campione dei Sette, colui al quale avevano dato il compito di raddrizzare i torti e punire i peccati.
Dunque si era alzato in silenzio dal suo letto, furtivo, e si era messo in cammino per affrontarlo, per affrontare suo padre. Il ragazzo aveva raggiunto la porta della stanza.
Aveva atteso, spaventato e pieno di dubbi, rimanendo a guardare quella porta come pietrificato.La mente completamente svuotata.
Non avrebbe saputo dire quanto fosse stato lì immobile.
Alla fine una preghiera lo smosse, si fece coraggio ed entrò.
Nella stanza c'era un forte odore di vino, pungente e insopportabile. Era piena di vesti sparpagliate, coppe buttate per terra, resti di cibo, coperte. Su un grosso letto a baldacchino dormiva suo padre, la figura gigantesca che si abbassava e alzava ad ogni ciclopico respiro. Accanto a lui, strette fra le sue braccia, due concubine, nude, dormivano placide sul volto un'espressione di crudele compiacimento.
Ciò non fece che rafforzare la sua determinazione, quell'ennesima offesa a sua madre andava punita. Ormund estrasse la daga che fino a quel momento aveva celato nelle sue vesti. La strinse con forza e si avvicinò al letto. Una mano toccò leggera la sua spalla. Ormund trasalì e si blocco, troppo spaventato per voltarsi.
"Giovane Ormund, non preoccuparti, sono un amico." lo rassicurò una voce gentile, al tempo stesso profonda ma calda e avvolgente. "Voltati pure senza paura." lo invitò gentilmente. Ormund guardò preoccupato verso il letto. "Non temere, finché siamo assieme non si sveglieranno, nessuno ci disturberà." lo rassicurò ancora una volta, senza perdere calma e gentilezza. Ormund si voltò. Avvolto in un mantello nero come le notti senza luna, il cappuccio tirato indietro, un giovane uomo lo osservava gentile. Mossi capelli biondo cenere gli incorniciavano il volto androgino e pallido, su cui spiccavano i due occhi, di due colori diversi, uno blu e l'altro grigio. Non erano però un blu o un grigio ben definito, sembravano più tutte le sfumature dei due colori assieme, avvolte in un gioco cangiante. Sulle labbra sottili si disegnava un sorriso calmo, pieno di serenità. Il solo guardare quell'uomo lo riempì di quiete. Solo allora notò che il mantello era agganciato con fermagli a forma di stella a sette punte. "Chi sei?" chiese, preso da uno strano presentimento e improvvisamente pieno di reverenziale timore. "Non c'è bisogno che te lo dica, giovane Ormund. Dentro di te sai bene chi sono." Ormund annuì in silenzio. "Ma questo spero non cambi i termini della nostra amicizia." disse l'uomo, accennando una risata. Anche Ormund sorrise. "Mi potresti prestare la tua daga?" chiese inaspettatamente. Ormund, un po' riluttante, la pose nelle sue mani gentili e l'uomo la fece sparire fra le pieghe del suo mantello. "Non temere, mio giovane amico. Te la ridarò non appena ne avrai bisogno, è una promessa. Ma non è questo il momento. Ricorda, Ormund, il vero coraggio si basa sul sapere non quando prendere una vita, ma quando risparmiarla. Tuo padre non morirà stanotte e non morirà per mano tua, è una persona indegna per cui macchiarsi di un crimine e di un peccato. Tu meriti di più, Ormund. Tua madre merita di più, così come tutte le persone devote e buone. Ma bisogna pensare anche alle conseguenze dei propri gesti. E quello che avevi progettato avrebbe avuto terribili conseguenze." si concesse una pausa. Per tutto quel discorso aveva sempre parlato in tono gentile, senza mai perdere il sorriso sulle labbra, percorrendo a ritroso il percorso del giovane Yronwood, per tornare alla sua stanza. "Ti prometto, Ormund, che la giustizia arriverà, che i torti saranno raddrizzati. Abbi fede." disse poi, questa volta serio. "E non temere, riavrai la tua daga." aggiunse, con un sorriso furbesco.
"Ormund!" Sua madre comparve in vesti da notte dal fondo del corridoio e gli corse incontro "Dove eri finito? Ero venuta a vedere se dormivi e non ti ho trovato! Mi hai fatto preoccupare! Siano lodati i Sette che ti ho ritrovato!" disse abbracciandolo, la voce rotta da preoccupazione e sollievo assieme. "Perdonami, madre. Mi ero alzato perché non riuscivo a dormire e volevo andare dal maestro per chiedergli qualche consiglio. Non volevo farti preoccupare." si scusò Ormund, addolorato per aver fatto preoccupare la madre. I suoi occhi cercarono l'uomo in nero, il suo amico, ma era scomparso. Tastò dove aveva tenuto celata la daga. Anch'essa era sparita.

Ormund pregava, pregava, pregava.
Cosa doveva fare? Gli eventi erano precipitati: il re era stato accusato dello stupro di lady Alannys, Balon Greyjoy aveva tentato di insabbiare la faccenda, Jon Arryn si era ribellato e proclamato re, le fiamme erano divampate nel campo dei tornei. La pace si era definitivamente spezzata, la sua speranza di una vecchiaia tranquilla, di un regno quieto e pacifico era morta.
Ora sarebbero le spade a parlare.
Le spade e la guerra.
Le spade, la guerra, il sangue.
Le spade, la guerra, il sangue, le sofferenze.
Le spade, la guerra, il sangue, le sofferenze, le devastazioni.
Ormund interruppe quel triste flusso di pensieri. Cosa devo fare? Sette, aiutatemi voi. pensò pieno di afflizione, Devo forse schierarmi contro il mio re, il re unto dagli Dei, sacro e inviolabile? Il re ha cui ho giurato fedeltà, il re per il cui padre ho combattuto, difeso il regno e visto tanti compagni morire. Il suo pensiero andò a Jaehearys II. Un uomo fisicamente fragile e malaticcio, eppure un grande re, nobile e saggio. Ormund lo ricordava dal suo periodo passato a corte dopo la Guerra del Re NoveSoldi: aveva sempre una buona parola o un consiglio per tutti, pieno di cortesia ma fiero e risoluto nei momenti difficili, nonché persona di grande cultura. Aveva avuto modo di discorrere più volte in materia di religione e storia con il re, nei momenti di svago e riposo a corte, e aveva sempre molto apprezzato la sua conversazione. Possibile che suo figlio sia di tutt'altra tempra? Si, possibile. si rispose pensando a se stesso e suo padre. Eppure Aerys, per quanto si fosse macchiato di un terribile crimine, era il suo re di diritto, imposto dagli Dei. Il suo crimine era così empio da cancella re il mandato divino? Aveva letto durante la sua vita molti testi di septon e maestri a riguardo, ognuno sosteneva una diversa posizione, una differente teoria. Ormund aveva pensato prima di pregare, eppure le sue conoscenze non erano bastate a dargli una risposta. Ormund pregava, pregava perché solo gli Dei gli avrebbero potuto dare la risposta che cercava, solo i Sette potevano sciogliere una questione così grave e importante.
Ormund pregava, pregava, pregava.
"Ormund." una voce gentile, al tempo stesso profonda ma calda e avvolgente interruppe le sue preghiere. "Sono venuto a riportati la tua daga. Credo che ne avrai bisogno, un empio deve essere punito."
[Modificato da Lord Charles Tyrell 17/01/2015 14:16]


Lord Ormund Yronwood, Signore di Yronwood e Protettore della Strada della Pietra, il Sangue Reale


Nella IV partita:
lord Lyn Corbray, Signore di Gull Town e Lord Alfiere della Valle, portatore della Signora Sconsolata

Nella III partita:
Willas Tyrell, figlio ed erede di Lord Mace Tyrell



17/01/2015 16:27
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 288
Registrato il: 20/06/2014
Sesso: Maschile
Membro del Concilio
Lord Feudatario
Il Re degli Andali
Preludio al colloquio privato con il Reggente dei Fiumi


La proclamazione di indipendenza formale dal Trono di Spade dei popoli della Valle, dei Fiumi e del Nord era stata un tripudio di entusiasmo e acclamazioni.
Tutti gli uomini avevano bisogno di credere in qualcosa per dare un significato alla propria vita.
E in quel momento, credevano di poter essere testimoni di una nuova Era. Di poter plasmare un mondo migliore.
In quel momento, essi credevano che i loro nomi sarebbero stati impressi negli annali e nelle cronache, e che le generazioni a venire avrebbero letto di loro così come loro oggi leggevano degli Eroi della Conquista e dei loro altrettanto eroici oppositori.

Nel constatare l'entusiasmo dei suoi uomini, la loro fede assoluta nella sua causa, la loro dedizione, Jon non poté fare a meno di provare una certa pietà.
Pietà per il destino degli uomini, costretti a credere nei sogni e negli ideali per sottrarsi ad una vita fatta di umilianti vessazioni.
Ma aveva anche rispetto per tutti quei ragazzi, quei padri, quei mariti, che a dispetto dei loro problemi quotidiani, delle loro sofferenze e frustrazioni, riuscivano ancora ad infiammarsi per una giusta causa.

I sogni di tutti quegli uomini confluivano ora nel suo Sogno.
Il grande sogno di Jon.
Il sogno di un Regno unito dall'Onore, più che dalla Legge.
Un Regno dove sotterfugi e inganni, condotti all'ombra della legalità, non potessero più aumentare il divario esistente fra l'onesto e il furbo, fra il forte e il debole, fra il ricco e il povero.
Un Regno di rettitudine, che per breve che fosse stato, nondimeno sarebbe diventato una leggenda, un'utopia, un'Ideale da ricreare e da seguire nei secoli a venire.
I suoi uomini sarebbero morti per quel Sogno.
Le loro fiammelle si sarebbero forse estinte nel tentativo di alimentare quella grande, immensa fiamma che era la sua Visione.

Jon era il Re degli Andali, ora.
Non era più un vecchio uomo al tramonto della sua vita.
Non era più l'ultimo di una famiglia condannata a estinguersi senza eredi.
Non poteva più permetterselo. Esisteva un Sogno che lui doveva incarnare. E doveva essere all'altezza di quell'incarnazione.

Si guardò un'ultima volta allo specchio, prima di recarsi in visita al Reggente dei Fiumi.
Negli occhi color ghiaccio rilucevano bagliori di determinazione.
I capelli erano di un biondo cenere, come quelli degli alti e possenti guerrieri che per primi solcarono i mari dell'Essos approdando nella loro smania di conquista sul promontorio delle Dita. Fra le ciocche spuntavano ormai numerosi dei fili color argento, eppure Jon si sentiva animato da uno strano ardore giovanile. Quello che aveva cercato per tutta la vita ora sembrava averlo trovato. Uno scopo.

La Valle si era consegnata ad Aegon senza che uno solo dei suoi uomini versasse una goccia di sangue. Era stata la Regina dei Draghi Visenya a conquistare il cuore di una madre, la reggente Sharra, giocando con suo figlio Ronnell e conquistando immediatamente la sua simpatia. Da donna a donna, un sorriso di intesa aveva decretato la pace al di là di qualsivoglia impegno formale o accordo fra uomini.
Ma gli Arryn non erano mai stati sconfitti, né sottomessi.
Tutt'altro. L'unica battaglia che essi combatterono contro i Targaryen, per mare al largo di Città del Gabbiano, essi la vinsero, distruggendo interamente le navi del Drago ed uccidendone l'ammiraglio Daemon Velaryion.
A quel punto per i Targaryen ogni via di accesso nella Valle era preclusa. Il porto del Gabbiano era intatto, e tentare di prendere la Porta Insanguinata un suicidio.
Fu così che Visenya decise di volare in groppa a Vhagar fino in cima al Nido dell'Aquila, prendendo il giovane Ronnel fra le sue braccia e dimostrando a Sharra che non esistevano difese impenetrabili quando si poteva solcare il cielo con i draghi.
Se solo fosse stata di dieci anni più giovane e se Aegon non avesse già due mogli, Sharra sarebbe divenuta Regina dei Sette Regni e Ronnel erede al Trono di Spade.
Sharra era stata un tempo il Fiore della Montagna. La più bella donna della sua epoca. Intere legioni sarebbero morte solo per un suo sorriso.
Eppure era anche una donna pratica, che sapeva riconoscere una causa persa e che odiava versare sangue inutile.
Così non c'era stata battaglia, né c'era stato dolore.
Ma non c'era stato neanche Onore.
E senza Onore è difficile trovare un significato per la propria vita, quando si ha sangue Andalo nelle vene.
Lo spirito guerresco della Montagna era così rimasto dormiente per trecento anni.

Le altre casate dei Sette Regni li avevano sempre guardati con diffidenza, come se fossero l'ultima ruota del carro trainato dai cavalli Targaryen.
Forse avevano dimenticato che gli Eroi, le famiglie e le dinastie che ora regnavano su molti dei territori dell'Ovest e del Sud, erano quasi tutte partite dalla Valle.
Jon, suo padre Jasper, e così suo nonno, il suo bisnonno e tutti gli antenati prima di lui, avevano sempre fermamente creduto che nella Valle il culto dei Sette Dei e il sangue degli Andali fosse il più puro del continente, così come nelle casate del Nord restava puro e intatto il sangue dei Primi Uomini.

La proclamazione a Re della Valle e della Montagna sembrava aver risvegliato in Jon una consapevolezza del suo lignaggio che per decenni era rimasta sopita.
In un certo qual modo, era così.
Imponendo la Pace del Drago, blandendole con i Protettorati e con la minaccia dei draghi, Aegon aveva addormentato l'orgoglio di famiglie che vantavano migliaia di anni di storia.
Altre, potenti e antiche come gli Hoare, i Gardener o i Durrandon, erano completamente andate distrutte nelle guerre di Conquista.
Jon si chiedeva se fosse un caso che i Regni che ora sembravano dimostrarsi fedeli a un trono volgare e criminale, che uccideva e stuprava discendenti di Re e Regine secondo il capriccio di un folle, fossero proprio quelli che dalle guerre di Conquista di Aegon nulla avevano perso e tutto avevano guadagnato.
I Tyrell, che da miseri attendenti si ritrovavano da tre secoli ad essere i dominatori dell'Altopiano. I Baratheon, che da umili generali di Aegon si erano ritrovati nobili e Lord Protettori, e avevano fatte proprie le insegne feudali di Argilac.

Solo Hoster faceva eccezione.
La sua famiglia era sì ascesa al dominio dei fiumi grazie al tradimento perpetrato ai danni del Re Harren dall'antenato Edmyn, eppure Harren era un folle e un tiranno peggiore di Aerys.
Teneva i Fiumi sotto il giogo di un imperio ingiusto e vessatore, e quella di Edmyn era stata una guerra di liberazione da un oppressore, non una ribellione contro un potere legittimo.
Un Re dei Fiumi non era mai esistito, e Hoster lo sapeva.
Jon aveva apprezzato immensamente il gesto dell'amico di proclamarsi Reggente, ne aveva apprezzato l'umiltà, l'assennatezza, e il rispetto dei lignaggi e del sangue.

Il sangue che un figlio prende dal padre, così come prende il carattere e la tempra dalla madre.
Se Jon avesse mai avuto un erede, non ci sarebbero stati dubbi che egli avrebbe avuto puro sangue andalo nelle vene. Sangue di Re.
Ma avrebbe voluto anche che ereditasse un carattere capace di comprendere che regnare è un dovere, non è un diritto.
E' un obbligo, non è uno svago.
Si è Re per servire, non per comandare.
E questo soltanto una madre che avesse in sé e nel proprio sangue questi valori avrebbe potuto tramandarglielo.
Il discorso di Hoster Tully ai suoi Lord vassalli e ai suoi soldati, lo aveva profondamente colpito.

Le Terre dei Fiumi avevano ben chiaro cosa significava servire.
Era una parola nobile, una parola che molti disprezzavano ma che Jon portava in grandissima considerazione.
Essere al servizio di qualcosa che giustificasse la propria posizione. Sia esso il popolo, una causa, o un ideale.

L'Orgoglio degli Andali, l'Onore del suo sangue, e il Dovere e l'Amore per la famiglia e per il proprio popolo.
Questo era quello che Jon avrebbe voluto vedere nel suo erede.
Un Uomo capace di infiammarsi per un Ideale, ma capace anche di sentire sulla propria pelle le ingiustizie patite dal suo popolo come fossero sue proprie.

Il Re degli Andali avrebbe potuto sposare una Tully di Delta delle Acque?

Era una domanda cui Jon avrebbe presto trovato una risposta.
[Modificato da Euron Occhiodicorvo 18/01/2015 11:28]

__________________________________________________



Rickard della Casa Stark, Signore di Grande Inverno, Lord Protettore del Nord.

L'inverno sta arrivando
20/01/2015 22:31
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 163
Registrato il: 04/02/2010
Età: 32
Sesso: Maschile
Lord Alfiere
Una lettera ai notabili del regno

“Un torneo…hanno organizzato un torneo…cazzo quale migliore occasione per trovare tutti i Lord del regno in un unico posto” La riunione stava tirando per le lunghe, l’aria nella tenda era pesante, era viziata.
Mezzo di era passato cosi come la sbornia del giorno prima…”mi manca già il vino che abbiamo dato ai lyseiani”…il solo pensiero di aver dato a quei mezzi froci tutto il vino della compagnia mi lasciava senza parole.
“Harry, Will, Malo qui! Tutti gli altri fuori”…era giunto il momento di prendere l’iniziativa di tirare su qualche lavoro.
“Prendete nove ufficiali e mandateli nei castelli più importanti! Castel Granito, Delta delle acque, Capo tempesta, Lancia del Sole, il Nido dell’aquila, Grande Inverno, Pyke, Alto giardino e ovviamente ad Approdo del Re. Devono consegnare una lettera, noi siamo arrivati…sanno cosa vogliamo e sanno come lavoriamo! Ora è solo una questione di offerta!”
Harry Strickland risultò perplesso “Signore mandare ufficiali a fare il lavoro di corvi non mi sembra un’ottima idea” Will e Malo sembravano essere d’accordo.
“Non abbiamo corvi…dobbiamo mandare in giro delegazioni…infatti ci sposteremo da qui…non mi piace questo castello in rovina…un luogo tetro.
Avvisate gli ufficiali…scegliete chi cazzo volete e se non vuole mandatelo comunque ma a calci.”
“Chiamatemi anche il maestro”
Congedò i tre comandanti, cercai nella tenda la cassa di abete che conteneva carta inchiostro e penne per scrivere.
Chino sul tavolo iniziai a pensare a cosa scrivere.

“Ai maggiorenti del regno

Salve mio Lord,
Forse Lei conosce il mio nome, io sono Myles Toyne, Lord Comandante della Compagnia Dorata, erede di Acreacciaio.
Molte guerre abbiamo combattuto, molti nemici abbiamo abbattuto, e alcune sconfitte abbiamo subito. Dalle terre contese al mare Dotraki abbiamo servito Magistri, Arconti e Signori come nessuna compagnia ha mai fatto; nessuno ha mai avuto una fama come la nostra.
Potete assoldare la Compagnia del Vento comandata dal Principe Straccione, potete assoldare i Secondi Figli o comprare gli Immacolati. Ma nessuna compagnia è pari alla nostra.
Ad oriente spirano venti di pace, Lys Tyrosh e Volantis hanno firmato un accordo di pace.
L’ufficiale spione ha reti di spie qui in occidente, Re Aerys ha indetto un torneo per mantenere la pace, ma entrambi sappiamo che una guerra è prossima, non so chi, non so quando ne dove, ma venti di guerra spirano e spirano potenti su Westeros.
Siamo salpati dal continente orientale per portare la nostra forza militare al servizio di coloro che ne avranno bisogno e che saranno sufficientemente generosi ad assicurarsi i nostri servigi.
Il contratto verrà firmato con l’inchiostro, con il sangue e con l’oro.


Io sono Myles Toyne
Lord Comandante della compagnia dorata
Erede di Acreacciaio
Ufficiale generale
Il dorato”


Quando gli ufficiali che sarebbero dovuti partire furono pronti li chiami nella mia tenda, era necessario che venissero informati sulla politica della compagnia.
Quel giorno non misi piede fuori dalla tenda, troppo impegnato a scrivere una lettera che potesse andare bene per tutti gli alti Lord, per valutare i prossimi spostamenti e cercare di spronare la truppa e gli ufficiali che per ora di contratti a tempo indeterminato non ne sottoscriveremo.
Venti di guerra spirano possenti su Westros, ma non so ancora chi muoverà per primo, sarà il Principe di Dorne? Sarà il signore di Grande inverno?, o sarà il Re nella sua pazzia a muovere guerra per paura?
La migliore arma di cui la compagnia oggi dispone è la pazienza, la pazienza di ponderare le situazioni, di valutare le parole di molti signori.
Ad Harrenhall si parlerà di anche di pace ma sotto quella sottile crosta si sente l’olezzo e il profumo della guerra.
Baratheon, Greyjoy, Lannister e Targaryen, queste erano solo alcune delle famiglie che mi preoccupavano.
Chi avrebbe attaccato chi, chi sarebbe restato a guardare e chi se ne sarebbe tirato completamente fuori, non riuscivo a immaginare questa guerra. Non ancora.
La luna brillava alta nel cielo e rendeva al piccolo castello in rovina un po’ di quella bellezza che gli era appartenuta il giorno in cui fu finito di costruire. Una bellezza tetra, molto inquietante per certi versi.
Mezzanotte era passata da poco quando degli uomini giunsero a cavallo, l’ufficiale pagatore era tornato.
Lo feci accomodare nella tenda del consiglio e li mi parlò del torneo.
“Nessun contrato mio signore, chi la pace la vuole veramente non ha i mezzi per mantenerla e chi non la vuole ne avrebbe i mezzi. Ho incontrato alcuni uomini che si sono rivelate spie della compagnia.”
Almeno una notizia era buona.
“Vai avanti, qui si brancola nel buio e ogni inizio e sussurro sono molte più informazioni di quante non ne abbiamo ora”
“Non sono buone notizie mio signore, il reame è in mano ad un demente, un folle che gioca con l’altofuoco come se fosse acqua, una regina vanitosa vittima della follia del re. Alti Lord che in gran numero ammassano oro e fanno volare corvi, nessuno vuole una vera pace, nessuno ha il coraggio di scatenare una guerra.
Altre voci giungono da quella fortezza, non so se possano essere vagamente vere ma cose peggiori presto o tardi si abbatteranno su Westeros”
“Come sempre ti sei dimostrato un ottimo ufficiale, degno del tuo nome e della tua fama; puoi andare, riposati e mangia, presto arriveranno tempi più duri.”
La brezza che sentii appena sbarcato ora era diventata un possente vento, una brezza di inimicizia, un vento di guerra.
Presto l’occidente sarebbe piombato nel caos, era necessario prepararmi.
Nei giorni seguenti, uno ad uno gli ufficiali tornarono, ognuno aveva consegnato la propria lettera. Corvi ben presto si sarebbero alzati in volo verso quell’accampamento, risposte audaci, risposte di monito, risposte di sfida e forse anche qualche lettera di minaccia.
Quella notte decisi che era tempo di muoversi, spostarsi verso altri lidi, era tempo di rimettere in marcia la copagnia.

I giorni passarono velocemente durate la marcia, ma il problema rimaneva il rapporto che la compagnia aveva con l’alcol in tempo di pace.
L’alcol era tornato ad essere parte integrante di ufficiali e truppa.
Il mattino seguente fu una giornata memorabile.





BRYNDE TULLY - THE BLACK FISH
Protettore della marca meridionale, castellano di Delta delle Acque










NEL GIOCO DEL TRONO:
Ex Victarion Greyjoy comandante della flotta di ferro, Lord di Tharth, ammiraglio della flotta del Nord
Styr, Maknar dei Thenn, Signore di Promontorio dei Thenn, un uomo nato libero, morto con dignità e ora governa il promontorio dall'alto del cielo azzurro
Lord Myles Toyne, erede di Acreacciaio Lord Comandante della Compagnia Dorata
21/01/2015 00:01
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 48
Registrato il: 26/11/2014
Età: 30
Sesso: Femminile
Scudiero
Lysa Tully - Preghiere ai Sette
Poco tempo prima della partenza per il Torneo di Harrenhal,Delta delle Acque, 281 AC


“Non riesco proprio a comprendere come nostro padre abbia deciso di far presenziare ad Harrenhal te e Catelyn e lasciare a casa me” sbottò Edmure, per l’ennesima volta pensò Lysa.
La giovane vide suo fratello sbuffare e pestare i piedi a terra.
Il suo corpo era teso. Gli occhi adirati. Continuava a passarsi nervosamente le dita fra i capelli ramati, delle stesse sfumature della sorella, tipici della Casa Tully.

Peggio di un moccioso di quattro anni.

I grandi occhi azzurri della ragazza scrutarono il volto del fratello. Leggeva rabbia, delusione… e ancora rabbia. Possibile che non capisse che Lord Hoster aveva preso questa decisione non certo per punirlo di qualcosa?

“Vuole solo darti l’occasione di fargli vedere che un giorno potrai gestire senza problemi Delta delle Acque, Edmure. Finiscila di tenere il broncio. Non gli farai cambiare certo idea. La decisione è stata ormai presa”.
“Dici bene tu cara sorella, visto che ti è stato concesso di partecipare al Torneo mentre io devo rimanere qui a seguire le tediose lezioni di Maestro Wyman su come si fa il Lord. Credi che capisca quel vecchiaccio che al momento non ho alcuna intenzione di seguire i suoi insegnamenti!”.


Doveva essere una domanda questa? Si chiese Lysa, guardandolo mentre lui continuava a gettare torve occhiate verso la sua direzione.
La fanciulla era seduta sulla poltrona del fratello, quella accanto alla finestra, la sua preferita.
Di tanto in tanto buttava fuori l’occhio, impaziente di uscire per godersi gli ultimi raggi della giornata. Non si poteva tenere questa conversazione nel Parco degli Dei come facevano sempre quando avevano bisogno di parlarsi? Sembrava proprio di no.
Suo fratello l’aveva fatta chiamare nei suoi alloggi senza dare alcuna spiegazione, tanto che Lysa aveva temuto all’inizio che lui stesse male e avesse bisogno di lei.
Ecco invece che si era ritrovata nel bel mezzo di un monologo lunghissimo in cui le aveva elencato un’infinita serie di motivi per i quali avrebbe dovuto presenziare al Torneo.

“Al posto di montarti la testa, Edmure, faresti bene a rendere onore a tuo padre perché ti sta dando un’enorme responsabilità”.
“Responsabilità? Vorrei farmi valere al Torneo piuttosto! Renderebbe orgoglioso anche me, oltre che lui”.


Proprio non gli entrava in testa.

Se fossi stato un maschio avrei accettato con gioia questa possibilità.

Era veramente delusa dal comportamento tenuto dal fratello.
L’adolescenza non lo rendeva certo più saggio, per il momento.

Le gambe le cominciavano a formicolare. La fanciulla cominciava ad aver voglia di uscire.
“Senti Edmure… accettiamo quello che è stato deciso, usciamo a rinfrescarci le idee. Ti prego”.
Gli occhi di Lysa erano imploranti. Guardò con intensità il giovane, nella speranza che questo lo addolcisse. Un tenue accenno di sorriso comparve sul volto di lui, che scosse la testa in segno di arresa.

“Oh dolce Lysa.. avresti dovuto nascere maschio. Saresti stata un ottimo Lord per le Terre dei Fiumi”.
Il ragazzo le porse elegantemente la mano, che la sorella afferrò prontamente per alzarsi in piedi. Le fece fare un giro su se stessa, come se volesse improvvisare una danza, solo che mancavano le note su cui ballare.
I capelli della fanciulla brillarono come se fossero mille scintille infuocate.

Questo è il fratello che conosco pensò Lysa sorridendogli.
Gli accarezzò la barba che stava cominciando a spuntargli sul mento e sulle guance.
Edmure le porse il braccio che lei afferrò elegantemente.
I due uscirono dalla stanza imboccando la lunga scalinata che portava verso l’uscita del castello per dirigersi verso il Parco degli Dei.

Le foglie delle sequoie ondeggiavano, mosse da un leggero venticello.
Era una giornata meravigliosa per una passeggiata.
Lysa si chinò per annusare un fiore. Il profumo la riempì di gioia: era la fragranza dell’Estate.
Guardò Edmure esattamente come faceva da bambina, quando le sue richieste riguardavano sempre i giochi più stravaganti.

Questa volta non avrebbe chiesto nessun gioco.
“Edmure…” chiese esitante Lysa “ti andrebbe di andare in passeggiata fino al fiume?”

Era da lungo tempo che non si recavano in visita alla mamma, così come intendevano quei momenti.
La fanciulla desiderava grandemente avere anche solo qualche minuto in compagnia delle acque che avevano preso sua madre il giorno in cui era morta.
Senza dire una parola Edmure prese la mano della sorella e insieme imboccarono la strada che conduceva al loro luogo preferito.

Lysa sbirciò il volto di suo fratello, cercando di non essere vista.
A cosa pensava? Sembrava che la discussione avuta poco fa fosse ormai dimenticata.
Si udiva solo il rumore delle foglie e il battito d’ali di uno stormo che si era librato in cielo poco distante. La veste della ragazza strusciava sul tappeto erboso in modo tale da liberare i fiori dei loro profumi.


Si sedettero sulla roccia che un tempo li aveva ospitati interi pomeriggi. Le loro visite si erano fatte più rare negli ultimi tempi, impegnati com’erano con il ricamo, la spada, la cartografia, la storia. Sembrava che gli adulti avessero organizzato le loro giornate al solo fine di apprendere il più possibile le arti che un giorno gli avrebbero fatti diventare Lord e Lady di tutto rispetto.
Lysa lanciò un sassolino in acqua mentre suo fratello fischiettava un leggero motivetto.

“Secondo te ci sta ascoltando?” chiese d’un tratto lei girandosi di scatto verso il fratello.
“Sono sicuro di sì sorellina. Sono più che sicuro”.

Di nuovo tra loro calò il silenzio.

Ma perché Catelyn non li accompagnava mai?
Sua sorella aveva avuto una reazione diversa rispetto a lei ed Edmure.
Più simile a Lord Hoster, Catelyn si era rivelata sin da subito più discreta nel mostrare i suoi sentimenti e i suoi pensieri.
Lysa in ogni caso era dispiaciuta che sua sorella fosse assente in quel momento.
Osservò il ragazzo, che ora si era disteso sulla roccia a guardare il sole che si stava avvicinando sempre più all’orizzonte, segno che fra poco avrebbero potuto godere di un caldo tramonto.
L’aria era ancora tiepida e non faceva ancora freddo.

“Senti” iniziò Edmure “già che siamo qui, appena tramonta il sole, perché uno spettacolo simile non me lo voglio perdere, potremmo fare un salto al tempio dei Sette, giusto per chiedere che passiate un viaggio sicuro e un soggiorno piacevole”.
Lysa guardò suo fratello con aria meravigliata.
Lui che voleva un attimo di preghiera per ciò che prima lo aveva adirato fino a farla esasperare? Non le sembrava vero.

“Per me va benissimo, intanto godiamoci il tramonto”.
Si sedette in modo da poter vedere gli ultimi raggi abbracciare l’acqua del fiume, finchè lentamente non scivolarono via per sparire del tutto.


Accommiatatisi dal fiume, i due ragazzi ritornarono presto sui loro passi sino a raggiungere il Tempio dei Sette, una meravigliosa costruzione di arenaria che faceva intravedere la sua sagoma nel buio.
Era stato Lord Hoster a far innalzare la struttura all’interno dei giardini dove era solita passeggiare Minisa. Era stata eretta proprio al centro dell’area, nel luogo da dove meglio si poteva osservare la natura circostante.
Tra le piante s’intravedevano timide lucciole che creavano un piccolo cielo stellato nel parco.

Lysa ed Edmure entrarono nell'angusto edificio.
Non accesero alcun lume, non ne sentirono il bisogno. Sapevano perfettamente dover erano esattamente, e in quale ordine, le lastre di marmo su cui erano dipinti i Sette.
Sempre tenendosi la mano, rimasero in piedi a fissare le tenebre.

Vi chiedo di proteggerci nel viaggio che stiamo per compiere nel quale potremo trovare amici come nemici. Vi supplico di proteggere soprattutto il Lord mio padre, Hoster Tully di Delta delle Acque, e di guidarlo nel suo difficile compito di governatore di queste terre. Vi chiedo di donare a mio fratello Edmure, che ora si trova qui accanto a me, le qualità necessarie per rendere orgoglioso nostro padre.
E poi, se vi rimane ancora un po’ del vostro buon cuore, permettetemi di diventare una giovane donna che riesca ad onorare la famiglia.


Lysa ringraziò l’oscurità per non far vedere al fratello che alcune lacrime le erano scivolate lungo le guance. Era entrata bambina nel Tempio dei Sette. Ne sarebbe uscita donna.
[Modificato da Spettro7692 21/01/2015 06:25]


Lysa Tully di Delta delle Acque, secondogenita figlia di Lord Hoster Tully di Delta delle Acque

21/01/2015 21:54
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 15
Registrato il: 06/01/2015
Età: 28
Sesso: Maschile
Paggio
Lord Howland Reed
IL GIURAMENTO DEL NORD - BARBARI E GIOCATORI



Un vento gelido soffiava da nord, un vento gelido come la morte, ed era proprio quella la notizia che portava con sé: guerra. L'inverno si avvicinava e le terre del Westeros erano scosse dagli eventi successi dopo il torneo di Harrenal.

Lord Howland Reed si rendeva conto della gravità della situazione; la priorità in quel momento era pensare al futuro dei Sette Regni, Aerys Targaryen sedeva ancora sul Trono di Spade. Ma per quanto ancora?

Certo era che il Drago avesse ormai perso il primato di unico sovrano, di fronte a lui erano appena sorti molti altri sovrani: Jon I Arryn, Re degli Andali, della Valle e della Montagna, Balon Greyjoy, Re Celeste del Regno del Sale e della Roccia, Hoster Tully, Reggente delle Terre dei Fiumi ed il suo sovrano Rickard Stark, Re del Nord.

Compito di questi sovrani era preservare la pace tra i Regni. La pace…
Compito di lord Reed, ora, fare sì che il Nord riconoscesse e giurasse fedeltà al Re del Nord e, su incarico dello stesso, difendere il Nord non dai nuovi sovrani, ma dall'inverno, dagli Estranei.

Prima la Difesa e poi il Giuramento, o viceversa? Si deve davvero fare una cosa per volta? A me sembra impossibile…

Aveva già allertato tutti i lord del Nord e preparati a combattere la minaccia da oltre la Barriera. Prossimo passo: verificare i loro progressi. Intanto, il Giuramento. Una formalità, una semplice formalità, un'inutile formalità; in molti la pensavano così, ma per lui si sbagliavano. Howland la vedeva diversamente e le possibilità erano solamente due: o la sua era utopia, o lungimiranza. E solamente i libri di storia che studieranno i suoi discendenti. Sempre che io ne abbia. Un buon inizio sarebbe sposarsi… Sorrideva quando ci pensava, non ci credeva neppure lui.

L'importanza del Giuramento era questa, aveva una funzione strutturale. Non era difficile ribellarsi al sovrano, certo bisognava calcolarne le conseguenze e verificare le proprie possibilità di affrontarle o meno. Ma mantenere un nuovo regno era un'altra storia; dove si sarebbe poggiato il piede del nuovo Re alla prima incertezza, chi lo avrebbe sostenuto al primo scossone, chi avrebbe creduto in lui senza esitazioni?

La risposta per Howland Reed era: chi gli giurerà fedeltà. Ma il lord delle Acque Grigie non era un ingenuo, un giuramento può essere rotto, era importante che i lord credessero negli Stark sebbene, con una buona probabilità, li avrebbero coinvolti in una guerra imponente. Come convincerli?

La fortuna di Reed era quella di trattare con uomini del Nord, decisamente non intimoriti dalla guerra, chiamarli alle armi non li avrebbe indispettiti, la loro obiezione sarebbe stata però: "Prima, con Aerys, eravamo tutto sommato in pace, vivevamo nei nostri castelli, mangiando, bevendo e scopando". Ed era quello che non doveva far loro mancare; doveva dar loro la possibilità di mangiare, bere e scopare a Grande Inverno. Così si sarebbero certamente convinti la maggior parte di loro, quelli di loro che non sembravano solamente dei rozzi uomini del Nord, quelli che lo erano. Poi c'erano quelli, come lui, che non si sarebbero limitati ad usufruire degli intrattenimenti offerti, quelli che avrebbero cercato di capire perché giurare fedeltà ad un Re ribelle, perché abbandonare la sicurezza dei loro castelli per lanciarsi nel caos di una guerra.

Entrava allora in gioco l'abilità di Reed: distinguere a quale lord sarebbe bastata una coscia di cinghiale ed una birra e a quale no. Erano quelli i suoi preparativi per il giuramento. L'allestimento della Sala Grande, gli addobbi, la disposizione del tavoli, erano compiti che lasciava volentieri agli attendenti; magari non possedevano il gusto di una lady delle terre dei fiumi, ma certamente avevano dalla loro parte l'esperienza; sapevano come organizzare un avvenimento di quel tipo, senza sfarzo ma al di sopra della mera sobrietà.

Distinguere i lord non era semplice come sembrava. Alcuni di loro li aveva conosciuti durante l'infanzia e ne aveva un ricordo sbiadito, altri non li aveva mai incontrati. Nel corso degli anni aveva imparato a conoscerli da Acque Grigie, attraverso la sua o la corrispondenza di suo padre. Aveva recuperato le informazioni più recenti da Maestro Walys.

Dividiamo i barbari dai giocatori. Non era il Gioco per il Trono, ma le regole erano le stesse. Discorsi, azioni, promesse, sfide, mezze parole, offese, patti e sguardi. Avrebbero giurato tutti, ne era convinto, ma doveva iniziare da subito ad offrire, ai primi, i piaceri veniali che cercavano, ai secondi, l'impressione, più o meno fondata, di essere parte del gioco.

Iniziamo. Lord Reed ripassava mentalmente i posti a sedere, i volti dei lord e le sue strategie per affrontarli.


Lord Roose Bolton di Forte Terrore. Giocatore. Il giovane lord dallo sguardo color ghiaccio solitamente intimoriva i propri interlocutori, non solo per l'aspetto glaciale, glaciale... Quella pelle pallida e quello sguardo: sembra un Estraneo!, ma anche per la fama che lo precedeva. Il Lord Sanguisuga. Reed non dava molto credito alle leggende che non lo riguardassero, non erano le pratiche personali e segrete di Bolton che lo interessavano, erano quelle pubbliche; quando apriva bocca scendeva il silenzio nella stanza e le sue parole non venivano mai sottovalutate. Uno che scuoia i propri nemici, effettua strane pratiche con le sanguisughe e che metteva in pratica, senza troppo clamore, lo ius primae noctis sembra un violento, assetato di sangue, un istintivo. Non lo era. Calcolava le proprie mosse con attenzione, dietro le barbarie vi era la difesa dei propri interessi. Come convincerlo?. Reed aveva capito che leva usare, forse; uno stratega, un calcolatore come Roose Bolton non avrebbe avuto nessuna necessità di ricorrere tanto frequentemente ad atti di violenza, doveva avere un'inconscia ed insaziabile sete di sangue. Con lui parleremo delle guerre che ci attendono.

Lord Wyman Manderly, lord di Porto Bianco. Barbaro. La sua casata controllava una posizione importante sia per il commercio marittimo sia come porto per la flotta; non si poteva fare a meno di casa Manderly. Ma il lord-troppo-grasso-per-cavalcare non nascondeva affatto le sue passioni. Basterà che io riesca a soddisfarle. La più evidente era quella per il cibo, l'approvvigionamento per i lord sarebbe bastato a sfamare un esercito o, in alternativa una mezza dozzina di lord con le relative scorte e lord Manderly. Se dovesse avere particolare appetito, ricorreremo alle scorte di Grande Inverno! La seconda passione, meno palese, era nascosta nell'inglorioso epiteto: i cavalli. Ciò che il lord tritone provava per quegli animali andava oltre alla semplice passione, era un vero e proprio amore, reso impossibile dalla stazza dell'uomo, quindi molto poetico. Discuteremo della fedeltà della sua casa passeggiando nelle scuderie di Grande Inverno.
Tuttavia lord Wyman era solamente un componente della grande casa Manderly e lord Reed non poteva sottovalutare l'indole del resto della casata. Gli uomini tritone, come molte casate del Nord, rispecchiavano le caratteristiche del loro emblema: il bell'aspetto delle sirene e dei tritoni inganna i marinai celando loro la pericolosità di questi esseri. Il grasso lord non sembrava molto pericoloso, ma i nobili del suo seguito lo erano; gente capace di sorridere mentre pugnala alle spalle, capace di intrufolarsi silenziosamente ovunque e di lavorare nell'ombra, maestri nel colpire senza essere visti. Un Barbaro a capo di un reparto di giocatori. Potenzialmente letale.

Ser Rodrick Cassel, Maestro d'Arme di Grande Inverno. Giocatore. Fondamentale. Nessuna guerra o battaglia poteva essere vinta senza il prezioso addestramento della truppe di ser Cassel e la sua infallibile strategia militare che lo rendeva indispensabile per architettare i piani di battaglia. Era risaputo che non apprezzasse cerimonie e banchetti, potendo non ne prendeva parte rifugiandosi nella Torre Campanaria con le guardie di vedetta. Questa volta essendo costretto non sarebbe mancato. Posso assicurarmi che venga accomodato lontano dal palco riservato a suonatori e cantori. Lord Reed non aveva alcuna strategia per conquistare la fiducia di Rodrick Cassel, a dire il vero era convinto che la sua fedeltà a Rickard Stark fosse assoluta, indipendente dagli avvenimenti. Non sapeva se era veramente così… Lo spero davvero!

Lord Jon Umber di Ultimo Focolare. Barbaro.

Lady Donella Hornwood, moglie di lord Halys Hornwood. Giocatrice?. Quando si trattava di lady, Howland Reed era sempre indeciso, se non addirittura intimorito; le decisioni le prendono gli uomini, ma le lady hanno il potere di condizionare i propri mariti, i lord ed i re. Questa possibilità dipende ovviamente dal tipo di donna. Per il lord delle Acque Grigie ne esistevano tre: le principesse, le manipolatrici e le puttane. Le prime facevano smaniare gli uomini per loro, fino a portarli ad uccidere per loro, senza rendersene assolutamente conto, le donne-principesse cercavano l'Amore e la bellezza; andavano soddisfatte proprio come gli uomini-barbari. Le seconde, le manipolatrici, governavano, se non direttamente, attraverso gli uomini che controllavano utilizzando metodi sospesi tra magia, attrazione e assoggettamento. Queste partecipavano attivamente al Gioco del Trono influenzando alleanze ed inimicizie, provocando guerre e creando potere. Per le terze non servono spiegazioni. Il fatto in tutto ciò che spaventava Reed era l'abilità dell'altro sesso di essere questa o quella senza farlo intendere, di esserne due contemporaneamente, di cambiare improvvisamente. Lady Donella che donna era? Nel dubbio era meglio assecondarne la principessa, La camera meglio arredata sarà sua, e la manipolatrice, non sarà esclusa dai discorsi sul nuovo regno del Nord, si deve sentire una pedina del gioco. Sperando che sia un ruolo che la soddisfi.

Lord William Dustin di Barrowton. Barbaro. Un uomo tutto birra e donne. Sembrava non riuscisse a frenare il suo istinto sessuale, in nessuna occasione o circostanza. Più volte, quando si trovava a Grande Inverno, si era lasciato sfuggire commenti a dir poco osceni sulla bellissima Lyanna Stark. Se non gli era ancora stata amputata la lingua per ordine di Rickard o Ned, entrambi molto legati e gelosi della ragazza, era solamente per la sua grande abilità in battaglia. Averlo tra le proprie fila era un ragguardevole vantaggio. La sua non era perizia nell'uso della spada o abilità nel corpo a corpo o astuzia nella mischia, la sua maggior capacità era quella di mandare all'aria i piani e l'assetto nemico. Non temeva la morte ed in battaglia si muoveva solamente in avanti. Faceva perdere compattezza ed efficacia allo schieramento nemico ed avanzando era un punto di riferimento ed un elemento trainante per i compagni d'armi. Dovrò fargli trovare in stanza un buon numero di donne, o forse dovrei alloggiarlo direttamente al bordello fuori dalle mura.

Lord Howland Reed doveva, ora, solamente attendere l'arrivo dei nobili da tutti gli angoli del Nord. Ora si sentiva pronto ad affrontare il Giuramento del Nord.



Lord Howland Reed della Torre delle Acque Grigie

25/01/2015 00:32
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 53
Registrato il: 26/11/2014
Età: 30
Sesso: Femminile
Cavaliere
Lysa Tully - L'arte della spada
Sulla strada per Delta delle Acque, accampamento Tully, 281 AC


Il sole ormai stava concedendo le sue ultime ore di luce alla giornata.
Un lieve vento accarezzava l’erba dei prati vicini all’accampamento Tully e tutt’attorno poteva udirsi il cinguettio degli uccelli delle paludi.

La giornata era trascorsa lentamente.
Il viaggio aveva concesso alla carovana ben poco riposo, poiché dopo il violento temporale della notte passata lungo la strada in alcuni punti il convoglio aveva incontrato alcune enormi pozzanghere fangose, le quali in un caso avevano dato seri problemi alle carrozze.
Quella dei rifornimenti in particolare, la più pesante tra tutte, aveva avuto la peggio.
Una delle ruote posteriori era rimasta disgraziatamente impantanata nella fanghiglia, proprio nel momento in cui si pensava di avercela fatta.
La conformazione delle Terre dei Fiumi da quel punto di vista era una vera seccatura. La terra teneva l’acqua in superficie creando aree fangose in grado di competere con i territori delle Acque Grigie.
Una dozzina di guardie Tully l’aveva provato sulla propria pelle quel giorno. Dopo un’ora di duro lavoro erano finalmente riuscite a liberare il carro dal luogo dove era intrappolato.
Lysa aveva potuto osservare i volti stanchi di quegli uomini mentre si concedevano un boccale di birra offerto dallo stesso Lord Hoster, che in quel momento era lì a congratularsi con loro.
Tra i volti grondanti di sudore e quelle barbe impiastricciate di fango gli occhi dei soldati, che s’intravedevano a stento sotto quello strato di sudiciume, erano carichi di rispetto per il loro Lord. Non era scontato ricevere un segno di gratitudine.
Suo padre invece non si era preoccupato di sporcare i suoi guanti di pelle per dare loro qualche pacca di conforto sulla spalla quando ancora la melma attaccata ai loro vestiti non si era ancora asciugata.
Lysa aveva davvero ammirato questo gesto.

Due ore dopo l’imprevisto, avvenuto nel primo pomeriggio, la carovana si era fermata e gli uomini avevano cominciato a montare le tende.
Non era certo prudente procedere con il buio avendo un seguito di quelle dimensioni.

Nella tenda ormai allestita la giovane Lysa, seduta al tavolo, era visibilmente nervosa.
Aveva chiesto a Shila di prepararle la cena prima del solito ma quando la fanciulla si era ritrovata il piatto davanti, dopo aver sbocconcellato appena le pietanze, non era riuscita a mangiare altro.

Può essere che io sia agitata per una simile cosa?
Lei stessa stentava a crederlo.
Lo stomaco le si era totalmente chiuso.
Rimase per un buon quarto d’ora a fissare il piatto prima di alzarsi velocemente e dirigersi, con la damigella al seguito, verso il baule dei suoi abiti, quello elegantemente decorato con piccoli inserti di madreperla.
Lo aprì cercando di capire cosa avrebbe potuto indossare per una simile occasione.

Possibile che nei momenti di vera emergenza non c’è mai nulla di adatto da indossare?
Era un po’ scocciata, soprattutto con se stessa, per non aver minimamente previsto una tale situazione.
Affondò le mani nel baule nella disperata ricerca di trovare qualcosa di utile, pur sapendo che di veramente adatto non aveva proprio nulla.
Maledetta quella mattina in cui ho fatto preparare i bagagli pensò la giovane.
“Shila! Pensa a come risolvere questa imbarazzante situazione”. La voce di Lysa vibrava di stizza. Come poteva raggiungere una soluzione con una tale penuria di materia prima, in quel caso vestiti?
Si rese conto che la situazione le stava sfuggendo di mano.
Non voglio certo deludere le sue aspettative…

“Sarà di certo più facile il giorno in mio padre mi presenterà il mio futuro sposo!”

Alzando lo sguardo la ragazza fissò il piccolo baule di legno scuro contenente il suo abbigliamento per andare a cavallo. L’aveva portato ad Harrenhal nella speranza che le potesse servire per qualche occasione particolare durante la quale le sarebbe stato utile indossarlo.
Aveva da sempre odiato quell’abito, confezionato apposta perché potesse essere il più scomodo possibile, a suo avviso. La volta che aveva deciso di cominciare a cavalcare Lord Hoster si era lasciato convincere dalla tutrice che il modo più sicuro di proteggere la fragile schiena di Lysa era un corsetto di pelle molto rigido da mettere sotto il vestito.
La giovane Tully aveva da sempre trovato quell’arnese uno strumento di tortura infernale. Come si poteva cavalcare con la schiena così rigida? Da quel giorno aveva preso a odiare quella donna sciocca che di abbigliamento e di cavalli sapeva quanto poteva sapere di uomini. La tutrice non si era mai sposata… e Lysa sosteneva malignamente che uomo alcuno avesse mai osato avvicinarsi a lei.

La fanciulla si alzò e andò a prendere quel baule.
Guardò Shila con sconforto. Aprì il coperchio guardando, ormai arresa, il busto che troneggiava sopra la pila delle varie gonne e sottogonne.
Queste ultime erano totalmente inadatte allo scopo. Sebbene fossero di una stoffa più pesante rispetto a quelle che usava per i soliti abiti erano ancora troppo, decisamente troppo eleganti.
E’ mai possibile? Cosa posso fare?

Stava già cominciando a tirare fuori le vesti dal bauletto quando si bloccò fissando Shila, che la guardò incerta.
La damigella aveva più o meno la sua taglia. Lo sguardo di Lysa si era illuminato.

“Hai per caso un altro vestito come quello che indossi?” domandò la lady compiacendosi da sola per aver avuto quella geniale idea.
“Si mia signora… Ma non vorrete certo indossare un mio abito… Il tessuto non è di certo adatto alla vostra delicata pelle”.
“Non dire sciocchezze Shila e portamelo immediatamente qui”.

Vide l’ancella sparire velocemente in cerca dell’abito.

Lysa, rimasta sola, cominciò a spogliarsi.
Quando rimase senza alcun velo che le coprisse il corpo provò un brivido di freddo. Si rese conto di quanto esso fosse cambiato negli ultimi due anni.
Shila entrò trovando la sua padrona nuda in mezzo alla tenda con lo sguardo perso nel vuoto.

“Mia signora prendete freddo!” esclamò afferrando la sottoveste dal baule e iniziando a fargliela indossare. Una volta legati tutti i nastri venne il turno dell’odiato corsetto.
La damigella glielo posizionò sul busto e iniziò a stringere tutti i lacci sulla schiena.
La giovane si sentì premere il ventre e il seno contro quell’orribile parete di cuoio che le circondava la parte superiore del corpo.
E più Shila stringeva più lei desiderava imprecare.
Fortunatamente il tormento finì in pochi minuti, ma la sensazione che esso portava con sé era veramente irritante.

Una volta indossato anche l’abito dell’ancella e legati i capelli in una morbida treccia che le cadeva lungo la schiena, Lysa si sentì finalmente pronta. Sebbene indossasse quel semplice abito, la chioma ramata non tradiva certo le sue origini.
Afferrò la spada regalatole dal padre e uscì dalla tenda, dirigendosi verso il luogo concordato con quest’ultimo.
Sentiva il cuore accelerare i suoi battiti via via che si avvicinava al punto d’incontro.

Giunta davanti alla tenda di suo padre vide che questo non c’era. Sul primo momento ne rimase delusa. Se ne era forse dimenticato?
Una guardia le si avvicinò dicendole che Lord Hoster la stava attendendo non molto lontano da lì e si offrì di accompagnarla.
Il luogo scelto da suo padre era uno spiazzo poco distante dall’accampamento vicino a un boschetto di alberi. Lord Hoster era lì che l’aspettava mentre osservava il cielo, sereno in quel momento. Le nuvole sembravano essere state dipinte di rosa.

Strano si disse la giovane. Di solito è sempre in ritardo per un motivo o per l’altro, forse ritiene questa cosa davvero importante.
La ragazza gli andò incontro quasi volando tanta era la sua emozione.

“Non correre in quel modo con la spada in mano Lysa!” la ammonì i padre con sguardo severo. “Non sottovalutare mai la tua arma, non è tua amica. Solo un mezzo per arrivare a uno scopo”.
Lo sguardo preoccupato del genitore si ricompose in un attimo. Si portò la mano alla bocca e tossì brevemente abbassando lo sguardo, come per schiarirsi la voce.
“Dunque… Sappi che non esiterò solo perché sei una fanciulla o mia figlia. Certo non ti farò del male ma voglio che ricordi una cosa importante: il tuo nemico non avrà pietà di te”.
Poi guardò la spada. “Mettila pure via, per oggi posso assicurarti che non ti servirà”.

Lysa si accorse solo in quel momento che il padre impugnava due spade di legno.
Gliene porse una.
La giovane cominciò a farla roteare goffamente davanti a lei.

“Lysa! Non sprecare le forze per sciocchezze. Cerca di concentrarti e prestare attenzione alle mie parole come prima cosa” le disse l’uomo scuotendo il capo fissandola con uno sguardo indecifrabile.
“Innanzi tutto ci sono alcune cose che è bene tu sappia prima di iniziare, in particolare per te, che sei una donna. Nell’arte della spada non vince necessariamente il più forte. Il ragionamento, l’astuzia e la prontezza sono tutte qualità da non sottovalutare e che tu, a mio parere, dovresti coltivare”.
Lord Hoster continuava a camminare avanti e indietro continuando a parlare con voce ferma. Lysa lo seguiva con gli occhi bevendosi ogni parola che pronunciava, come fosse il nettare più gustoso esistente su tutto il suolo del reame.
“Le prime cose che un apprendista spadaccino deve conoscere sono il buon calcolo delle distanze dal suo avversario, e il saper osservare sempre l’arma di quest’ultimo, al fine di poter prevedere in ogni istante le sue mosse.
Un’altra nozione da imparare è saper comprendere la differenza tra posizione di difesa e posizione d’attacco”.

Dette queste parole, Lord Hoster si avvicinò velocemente a Lysa e la sistemò facendole vedere le due posizioni. Come si spostano i piedi, come il busto.
Il genitore andò avanti per un tempo che a Lysa parve infinito a spiegarle e a farla provare schemi di attacco e di difesa, differenze tra colpi di taglio e di punta, fendenti e montanti, i passi e le posture, l’importanza del tempo in ogni scelta che si compie.
La fanciulla immaginò che questo addestramento non tradizionale le fosse stato impartito solo perché lei non aveva mai impugnato un’arma né si era mai interessata a guardare le esercitazioni di suo fratello. Si sentì in debito verso la gentilezza che Lord Hoster le aveva riservato.

D’un tratto però suo padre scattò in avanti, la spada tratta.
Lysa si trovò impreparata davanti all’azione dell’uomo e non riuscì a reagire in tempo.
Ricevette la prima stoccata della sua vita, e sentì un bruciore al fianco.
Per fortuna che ho messo questo dannato corpetto pensò concedendosi un mezzo sorriso a fatica.

“Forza figlia mia, non comportarti da donnicciuola!” tuonò suo padre, pronto a colpire ancora.
Lysa si rimise dritta, preparata a ricevere il secondo colpo. Questa volta riuscì a pararlo con la spada ma non fu abbastanza brava da mantenere l’equilibrio. La giovane cadde a terra scorticandosi un gomito. Si rialzò velocemente, vergognandosi del suo errore.
Lysa non aveva mai visto Lord Hoster così severo.

Le due figure volteggiarono per diverso tempo.
"No no no! Fermati! Devi pensare che sei di piccola statura. E' inutile che sforzi a puntare il collo o la testa dell'avversario. Aspetta, ti faccio vedere dove colpire". Hoster le indicò alcune parti del corpo a cui la ragazza poteva puntare. Poi ripresero la lezione.

Il sole stava per scomparire dietro la linea dell’orizzonte e Lysa era ormai fisicamente esausta. Le braccia le tremavano per lo sforzo.
“Lysa rialzati, non è il momento di mollare!” le diceva suo padre ogni qualvolta lei abbassava la guardia. La ragazza sapeva che lui voleva solo incitarla ma ormai le stavano veramente mancando le forze… Si sedette sul manto erboso.
“Può bastare così piccola mia, è tempo che tu vada a riposare” le disse teneramente.
Lei alzò la testa, fissandolo incredula.
Non mostrava il minimo segno di stanchezza, al contrario della figlia. Era invece raggiante, immerso com'era nell'osservare la fragile figura di Lysa.
“Sei stata molto brava oggi, sono fiero di te. Non pensavo potessimo arrivare a esercitarci così tanto”. Lord Hoster le poggiò dolcemente una mano sulla spalla e l’aiutò a rialzarsi.
La fanciulla era tutta ricoperta di polvere e fili d’erba, ma cercò di mantenere ugualmente un comportamento dignitoso. I due si avviarono lentamente verso l’accampamento.
Quanto le loro anime si erano avvicinate quel pomeriggio? Quanto avevano rafforzato il loro legame? Lysa si sentiva un'altra donna agli occhi del padre. Più forte, sicura, motivata. In quel momento la piccola Tully avrebbe voluto abbracciarlo, ma le mancavano le forze.
Il genitore l'accompagno fino all'entrata della sua tenda. Le prese il volto con una mano e la fissò dritta negli occhi, per comunicarle tutto il suo affetto di padre.
Lui poi le scostò un ciuffo di capelli e la baciò sulla fronte augurandole un buon riposo.

Lysa rientrò nella sua tenda che il sole era ormai calato da un pezzo. Venne subito accolta da Shila, che quasi si spaventò davanti allo stato in cui era messa la sua signora.
“Mia lady…” sussurrò preoccupata “vi preparo immediatamente un bagno”
Mentre l’ancella era intenta nei preparativi la fanciulla si lasciò andare sulla poltrona più vicina, incapace di proferire anche una sola parola.

Poco dopo la damigella tornò e aiutò la giovane a spogliarsi dei vestiti sporchi.

Tra le tante cose che Lord Hoster aveva permesso di far portare a Lysa e Catelyn ad Harrenhal c’era anche una vasca di ceramica invetriata blu creata apposta perché potesse essere portata in viaggio. Le due sorelle Tully non volevano certo non poter fare il bagno mentre erano via.
La vasca in questione era stata adagiata in un angolo appartato dell’enorme tenda, separato dal resto tramite soffici tende. L’acqua al suo interno fumava leggermente, segno che era calda, perfetta per un bagno rilassante.
Con l’aiuto della serva, Lysa vi s’immerse, lasciandosi andare a quella sensazione di pulito e di benessere.
I suoi muscoli erano tutti doloranti per lo sforzo. Non era certo abituata a una simile attività.
Tenere in mano una spada per un così lungo tempo non era certo una cosa semplice, anche se si stava parlando di una fatta di legno.
Il suo corpo sembrava lamentarsi per ogni movimento lei facesse, come poteva essere il semplice gesto di sciogliere la treccia per immergere i capelli in acqua e lavarli.
La fortuna volle che in quel momento arrivò Shila munita di spugna, unguenti e teli.
La damigella sciolse i capelli della lady e iniziò a passare la spugna sul suo corpo, cercando di essere delicata, poiché Lysa mugolava un suono di dolore ogni volta che veniva sfiorata.
La giovane sentiva appena l’essenza di fiori che Shila aveva messo nella vasca per rendere la pelle più morbida. Ormai i suoi sensi non rispondevano più, tanto era stanca.

Non seppe neppure come si ritrovò fuori dalla vasca seduta su una poltrona con l'ancella accanto che le stava medicando il gomito scorticato.

Ah già… Il gomito. Quando ho stupidamente perso l’equilibrio.

Lysa era troppo stanca per ripercorrere gli ultimi avvenimenti.

“Mia lady” la voce dell’ancella sembrava così lontana. Cosa voleva ora?
“Mia lady…” la voce si fece più insistente.
La fanciulla aprì gli occhi controvoglia. “Cosa succede Shila? Non vedi che sto riposando?”.
“Mia lady… permettete almeno che prima io vi fasci le mani…” la voce titubante della serva colmò il silenzio nel quale la tenda sembrava essere piombata.

Le mani? Perché mai dovrei fasciarle?
Lysa si guardò i palmi per verificare cosa mai fosse successo.
Ne rimase sconcertata. Erano coperti da piccole vesciche laddove aveva stretto con maggior forza l’arma. La fanciulla si rese conto che le stavano procurando molto dolore.
Esasperata da questa nuova scoperta porse arrendevole le mani alla servetta, che le fasciò con cura assieme a un preparato alle erbe che aveva prontamente pestato in un mortaio mentre la lady finiva il bagno.

Se non avessi te…

Lysa si alzò e trascinò i piedi fino al letto. Vi cadde sopra e sprofondò in un sonno senza sogni, troppo sfinita anche solo per pensare.
[Modificato da Spettro7692 25/01/2015 09:00]


Lysa Tully di Delta delle Acque, secondogenita figlia di Lord Hoster Tully di Delta delle Acque

Nuova Discussione
Rispondi
Cerca nel forum
Tag discussione
Discussioni Simili   [vedi tutte]

Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 01:33. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com